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La Versione di Iggo

Che bella sorpresa

  • 11 Novembre 2022 (5 min di lettura)

L’inflazione è stata tutto l’anno tra le brutte notizie. L’imprevisto calo dell’inflazione negli Stati Uniti a ottobre è stato invece una bella sorpresa. La reazione dei mercati è stata probabilmente eccessiva di fronte alla minima variazione, che però conferma una tendenza, ovvero che il peggio della stretta monetaria è ormai alle nostre spalle. I tassi saliranno ancora e potrebbero restare alti per un po’. Tuttavia, quando arriveremo al punto in cui potremo aspettarci, con una buona probabilità, un taglio dei tassi, il profilo di rischio e rendimento dei mercati migliorerà. Potrebbe esserci qualche altra brutta notizia ma il quarto trimestre, in genere, è un buon momento per azioni e obbligazioni e sembra che anche quest’anno andrà così. Anche l’anno nuovo potrebbe riflettere tale andamento. Ma attenzione, l’inflazione è ancora troppo alta e la crescita sta rallentando. Potremmo trovarci di fronte a un altro periodo difficile.

 

Una buona notizia

Gli investitori hanno avuto una bella sorpresa il 10 novembre. La pubblicazione del rapporto sull’inflazione negli Stati Uniti di ottobre ha evidenziato un rallentamento dei prezzi inaspettato. L’indice complessivo è salito dello 0,4%, anziché del previsto 0,6%, mentre l’inflazione core è aumentata dello 0,3% anziché dello 0,5% previsto. Sia il tasso annuale complessivo che quello core hanno rallentato, rispettivamente al 7,7% e al 6,3%. È una buona notizia, la ciliegina sulla torta per un mercato che si era già entusiasmato dopo le recenti dichiarazioni delle banche centrali. I mercati, a torto o a ragione, hanno creduto che le banche centrali fossero vicine alla conclusione della prima fase del ciclo di stretta, e ora dovrebbero alzare i tassi più gradualmente rispetto ai 75 p.b. a incontro a cui abbiamo assistito durante l’estate.

I mercati hanno reagito molto bene. L’inflazione è da mesi la loro principale fonte di preoccupazione. È stata persistentemente alta e ha portato a una serie di rialzi dei tassi di interesse su scala globale che, a loro volta, ci hanno fatto presagire una recessione. Un solo mese di dati in miglioramento forse non basta ad allontanare tutte le preoccupazioni, ma indubbiamente rafforza l’idea che l’inflazione ha raggiunto il picco. Se a ciò si aggiunge il risultato deludente della politica di Trump alle elezioni di metà mandato e la ritirata dei russi da Kherson, possiamo capire perché i mercati sono un po’ meno avversi al rischio.

 

O forse no

Molti penseranno che questo momento non durerà: l’inflazione è ancora alta, le banche centrali continueranno ad alzare i tassi e la recessione è ancora alle porte. Sono d’accordo, tuttavia sono fattori che conosciamo e che sono già stati scontati. Prima della pubblicazione dell’indice dei prezzi al consumo, il mercato prevedeva che la Fed avrebbe raggiunto il picco dei rialzi al 5% alla fine del 1° trimestre 2023. Il picco forse arriverà a un livello più basso, però il mercato ha già scontato nuovi rialzi dei tassi. Analogamente, nelle ultime settimane, nel mercato azionario le stime di utile sono state riviste al ribasso. Credo che continueranno su questa strada, seppur con revisioni di minore portata. Quest’anno gli yield obbligazionari saranno più alti, gli spread di credito più ampi e i prezzi azionari più bassi rispetto a quanto previsto a inizio 2022. 

 

Bene per i bond

Comunque, le notizie confermano la mia view positiva sul reddito fisso che si è andata delineando da inizio estate ma che ha poi risentito del discorso di Jackson Hole, quando la Fed ha annunciato rialzi più aggressivi. Le strategie più convincenti sono quelle short duration perché gli yield riflettono già ampiamente il previsto picco dei tassi di interesse. Le strategie a più lunga duration, che puntano sul rendimento complessivo derivante dal rialzo degli yield e dalle plusvalenze attese a fronte del calo dei tassi di interesse, finora sono apparse assai meno interessanti. E ciò in previsione di una stretta più aggressiva. Tuttavia, l’andamento nel lungo termine tiene conto della previsione che l’inflazione sta per rallentare, il picco dei tassi forse sarà a un livello po’ più basso, per cui dovremmo aspettarci una stretta più graduale, seguita da una fase di allentamento monetario nel giro di 12/18 mesi. L’indice dei titoli del Tesoro 7 anni/10 anni scambia ancora al prezzo medio in dollari di 82,60, intorno al livello minimo dal lancio dell’indice. La maggior parte degli strumenti a reddito fisso offre dunque opportunità di investimento molto interessanti.

 

Duration lunga

Per mesi c’è stata tensione nei mercati tra le valutazioni e i fattori macroeconomici. Le valutazioni sono salite a livelli talmente estremi che è bastato un lieve miglioramento (e una notizia inaspettata) a spingere i mercati al rialzo. La duration è stato il fattore peggiore quest’anno per azioni e obbligazioni, con la massima volatilità. I titoli di Stato a lunga scadenza e le azioni growth con valutazioni elevate sono state le principali vittime del nuovo scenario dei tassi di interesse. Se la situazione cambiasse, assisteremmo a un rimbalzo. Il rialzo di giovedì è stato marcato. Se i tassi fossero veramente vicini al picco, il peggio potrebbe essere passato per il rendimento dei titoli di Stato a lunga scadenza e delle azioni di tipo NASDAQ.

 

Più obbligazioni

Per il credito e le azioni, il problema riguarda il flusso di cassa e gli utili delle aziende. Il credito è interessante lungo l’intera curva. Lo yield e la portata dello spread di credito (premio per il rischio) sono ai livelli massimi dalla crisi finanziaria globale. Il mercato obbligazionario è reduce da un paio di buone settimane sul fronte delle emissioni. Nonostante i problemi di liquidità, il mercato continua a funzionare e la domanda di reddito fisso sembra alta e potenzialmente in aumento. A mio giudizio, i livelli odierni offrono buone opportunità di investimento per ricostituire l’esposizione in obbligazioni e creare un miglior flusso di reddito per i portafogli rispetto agli ultimi anni.

 

Inflazione ancora inaccettabile

La Federal Reserve accoglierà con favore i dati sull’inflazione di ottobre, ma probabilmente continuerà ad alzare i tassi verso il 5%, almeno finché la flessione dell’inflazione non sembrerà sostenibile. Le stime di consensus secondo Bloomberg indicano un indice dei prezzi al consumo negli Stati Uniti mediamente del 4,2% per il prossimo anno e un’inflazione in graduale diminuzione. Per quanto tempo la Fed terrà i tassi intorno ai livelli massimi dipenderà dai dati sulla crescita e sul mercato del lavoro. Se l’inflazione e l’economia resistessero, la Fed probabilmente manterrebbe i tassi sul picco a lungo, come ha fatto in passato. L’inflazione oggi dipende da una combinazione di fattori: gli effetti del Covid sulle catene di distribuzione, lo stimolo della domanda nel 2020-2021, le interruzioni nelle forniture dovute all’invasione russa in Ucraina, gli investimenti insufficienti per la produzione di energia tradizionale durante la pandemia ma correlati alla transizione energetica, e il comportamento di imprese e famiglie che hanno cercato di mantenere i margini di utile e il potere di acquisto. Le ragioni della risalita dell’inflazione sono complesse, così come è difficile farla scendere di nuovo.

 

Tagli

Molto dipende dalla riduzione degli stimoli alla domanda e dal nostro comportamento. Ci aspettiamo dunque una moderata recessione negli Stati Uniti. Alla fine inizia a riflettersi sulle aspettative degli utili aziendali. Rispetto all’inizio dell’anno, le stime di consensus per l’utile per azione del settore dei beni voluttuari nell’S&P 500 sono state riviste al ribasso del 27%, quelle dei servizi di comunicazione del 16%. Le stime per il 2023 sono state ridotte in modo analogo. Nei mercati azionari globali, le revisioni degli utili a 12 mesi sono state negative dal 2° trimestre. Resta da vedere se, per gli investitori azionari, il calo del rendimento complessivo del 17% per l’indice MSCI World quest’anno (16% per l’S&P, 10% per l’Eurostoxx) basta a compensare la recessione degli utili.

 

Ancora problemi in vista?

Io credo che lo scenario macroeconomico potrebbe peggiorare quando avvertiremo il vero costo sostenuto per far scendere l’inflazione. La fiducia degli investitori faticherà a riprendersi a fronte delle brutte notizie provenienti dal mercato immobiliare, ma forse anche sul fronte della disoccupazione e dei ricavi aziendali. Non posso fare a meno di essere cauto sul rialzo dei mercati azionari di novembre. Il 4° trimestre in genere è positivo per i rendimenti azionari, ma l’oscillazione di ieri, da sola, ha già superato la media del rendimento del 4° trimestre degli ultimi 10 anni (per l’S&P500). Una ragione in più per sovrappesare il reddito fisso. Gli investitori dovranno prestare attenzione al Black Friday, alle vendite del periodo natalizio, alla portata dei licenziamenti in alcuni settori (big tech) e alle dinamiche del settore energia durante un periodo critico, tra dicembre e febbraio. Credo che andrà meglio al mercato azionario nel 2023, ma potremmo incontrare ancora qualche difficoltà.

 

Il bel gioco

Come molti di voi, probabilmente, sono combattuto sull’imminente campionato mondiale di calcio. Mi sembra fuori luogo in questo periodo dell’anno.  Sia per noi che dobbiamo stare a casa a guardare le partite, sia per i giocatori che devono giocare al caldo del Qatar. Mi aspetto tanti passaggi di palla lenti, tanto possesso di palla. Io punto sul Brasile (con qualche giocatore del Manchester United in squadra), non credo che l’Inghilterra possa ripetere i successi degli ultimi due tornei internazionali. Sarà comunque un bello spettacolo durante l’inverno buio del Nord Europa. E poi tra tre anni e mezzo soltanto ci sarà il prossimo torneo, diviso tra Canada, Stati Uniti e Messico. Quello sì che sarà un viaggio che varrà la pena di fare (però con la compensazione dell’impronta carbonica naturalmente!).

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