Tanta liquidità e poche certezze
I mercati sono meno volatili rispetto a due settimane fa. Non ci sono stati altri fallimenti nel settore bancario. Gli yield obbligazionari sono bassi e le azioni sono risalite, nel mese e anche nell’anno. Eppure non ci sono certezze. Ci sono ottimisti e pessimisti in egual misura. Guardando il lato positivo, non siamo in recessione e il Pil nominale continua a crescere. D’altra parte, dopo anni di Quantitative Easing e la pandemia da Covid, l’economia globale potrebbe sorprenderci ancora. Nel complesso, i recenti sviluppi hanno evidenziato i rischi ma hanno anche dimostrato che le autorità dispongono degli strumenti per affrontare tali problematiche. Ciò potrebbe portare a rendimenti positivi per i mercati come è già accaduto nel 2023. Del resto la liquidità abbonda per chi vuole fare acquisti nelle fasi di ribasso.
Liquidità protagonista
Le incertezze macroeconomiche e i timori per la stabilità finanziaria gravano ancora sulla fiducia degli investitori. La liquidità la fa da padrone. Le prospettive delle componenti dei mercati finanziari dove c’è valore, come nel credito, sono state offuscate dalla potenziale volatilità correlata alla crisi del settore bancario e alla stretta creditizia. Per i mercati azionari al di fuori degli Stati Uniti, dove si trovano titoli convenienti, vanno considerate le prospettive di utile globali e la correlazione con il costoso mercato statunitense. Nel mercato azionario USA, la natura difensiva dei titoli growth di qualità ha fatto risalire nuovamente le valutazioni. C’è qualche tema interessante nel lungo termine, però le prospettive di utile a breve termine appaiono problematiche. E soprattutto, non c’è accordo sulla futura direzione dei mercati.
Mercato monetario
L’importanza della liquidità riflette l’attrattiva dei tassi di interesse degli strumenti a basso rischio. Gli yield per i Treasury a 3 mesi sono intorno al 4,4%. Per i titoli del Tesoro in euro, lo yield è del 3,0%. In Francia, il prodotto di risparmio Livret A offre un tasso di interesse del 3,0%. Tranne che sui depositi particolarmente elevati, le banche pagano tassi assai inferiori a quelli dei conti di risparmio. Nel mercato statunitense, i certificati di deposito (CD) bancari offrono tassi diversi a seconda del fabbisogno di fondi delle banche. In alcuni casi, i tassi dei CD superano il 5%. Questi strumenti costituiscono parte del patrimonio di base dei fondi del mercato monetario. È un settore che negli ultimi due anni ha attirato molte risorse.
Dalle banche ai fondi
Spesso si tende a semplificare il funzionamento dei flussi tra conti bancari, strumenti liquidi e altri strumenti di investimento. Comunque negli Stati Uniti abbiamo notato un calo generalizzato del livello dei depositi bancari e un aumento delle risorse dei fondi del mercato monetario. La liquidità è aumentata durante la pandemia, con l’incremento dei depositi bancari e dei fondi del mercato monetario. Quando i tassi di interesse hanno iniziato a salire e la Federal Reserve ha smesso di immettere riserve nel sistema, i depositi hanno toccato il livello massimo per poi iniziare a diminuire. Tale tendenza ha accelerato di recente, con la corsa agli sportelli delle piccole banche americane. La liquidità invece ha continuato ad aumentare nei fondi del mercato monetario.
Salgono i tassi, aumentano le risorse del mercato monetario
I dati storici e correnti sui fondi del mercato monetario negli Stati Uniti vengono forniti dall’Investment Company Institute (ICI). Le serie di dati sono disponibili su Bloomberg per chi ha accesso a un terminale (Indice MMFA).
I flussi diretti verso i mercati monetari hanno accelerato con l’aumento dei tassi sui Treasury e altri titoli a breve termine. È comprensibile nello scenario attuale, soprattutto se consideriamo il calo di fiducia nei confronti delle banche per via dei recenti avvenimenti. In un’ottica a più lungo termine, è interessante comunque vedere che questi strumenti oscillano durante il ciclo economico. I fondi del mercato monetario in genere mostrano una correlazione con il ciclo dei tassi di interesse, ma generalmente raggiungono il livello massimo quando la Fed ha già iniziato a tagliare i tassi. Come indicatori del grado di propensione al rischio in genere giungono al picco quando il mercato azionario è ai minimi. È accaduto per esempio nel 2002 e 2008 e, più a livello locale, durante il Covid quando i prezzi azionari sono scesi.
Pronti a comprare?
Sostanzialmente, tutta la liquidità presente nei fondi del mercato monetario non finanzierà gli acquisti di strumenti rischiosi finché il tasso sui fed fund non avrà superato il picco e il mercato azionario non inizierà a scendere. Entrambi gli sviluppi sono compatibili con un taglio dei tassi da parte della Federal Reserve a fronte della recessione, le azioni però toccheranno il fondo solamente quando la banca centrale avrà operato ampi tagli. Solo in quel momento i tassi di interesse più bassi e i prezzi azionari più convenienti incoraggeranno gli investitori che dispongono di liquidità ad abbandonare i fondi del mercato monetario per tornare a comprare azioni. Tale liquidità probabilmente favorisce anche una strategia di acquisto nelle fasi di debolezza.
Limite al rialzo
Azioni e obbligazioni scambiano vicino al livello più alto del range stabilito dallo scorso ottobre. Sono certo che molti sono sorpresi della tenuta dei rendimenti mentre i tassi hanno continuato a salire, le prospettive di crescita e inflazionistiche sono tutt’altro che ideali e c’è stata una forte turbolenza nel sistema finanziario globale. D’altra parte i dati sembrano indicare che l’economia globale è più robusta di quanto pensassimo, l’economia cinese sta tornando a crescere e i mercati sfidano le banche centrali a un “gioco del pollo”. La Federal Reserve sta perdendo la sfida, il mercato sconta infatti tagli per almeno 50 punti base quest’anno. Il secondo trimestre dell’anno in genere è positivo per le azioni USA, l’indice S&P 500 ha riportato rendimenti positivi 12 volte negli ultimi 20 anni. Se il rendimento sarà positivo anche quest’anno, dipenderà dai dati.
Effetto anormalità
Qualche settimana fa ho scritto un articolo e un paio di presentazioni per i clienti partendo dall’idea che questo ciclo non è normale. Gli anni del Quantitative Easing e dei tassi di interesse pari a zero, culminati nella crisi del Covid-19, ci hanno portato a questa situazione, con l’inflazione altissima e i rialzi dei tassi di interesse. Speriamo che i cambiamenti apportati nel 2022 siano stati sufficienti e che la situazione torni alla normalità, ma indubbiamente gli anni di crescita eccessiva della liquidità hanno lasciato il segno. Per esempio, la crescita del Pil nominale è stata robusta. Secondo i dati Bloomberg, il Pil nominale è aumentato del 20% rispetto al 2021 e 2022. L’importo totale parcheggiato nei fondi del mercato monetario non è insolito, se considerato in percentuale del Pil nominale. Non è insolito neppure il livello degli utili per azione se lo consideriamo in rapporto alle dinamiche del Pil nominale. La stagione degli utili inizierà presto e sarà importante per capire la possibile portata della correzione degli utili. Se il Pil nominale continuasse a salire molto, la recessione degli utili probabilmente sarebbe limitata.
Torniamo all’inflazione
Comunque, è uno scenario in cui è difficile avere le idee chiare. Il nostro team del reddito fisso ha appena completato il riesame trimestrale della strategia. La previsione è che gli yield sui titoli di Stato resteranno entro la banda di oscillazione, gli spread di credito resteranno ampi e le strategie carry sono le più appetibili. Per essere rialzisti, con l’indice S&P in aumento e i rendimenti decennali al di sotto del 3,5% negli Stati Uniti, dobbiamo avere fiducia nella reazione positiva del mercato di fronte a un calo dell’inflazione complessiva nel secondo trimestre e a una pausa dei rialzi da parte della Federal Reserve.
Buona primavera
Stiamo a vedere cosa succederà. Io farò un paio di settimane di vacanze per Pasqua e sarò di ritorno il 27 aprile.
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