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La Versione di Iggo

Pazienza, e incassa

  • 23 Settembre 2022 (5 min di lettura)

Le banche centrali sono ancora lontano da una vittoria contro l’inflazione. La domanda dovrebbe rallentare. E dovrebbe esserci una recessione. Il mercato obbligazionario si aspetta che, alla fine, l’inflazione scenda. Ma è evidente che i tassi a breve stanno salendo ancora, e indovinare a che punto si fermeranno è una vera e propria scommessa. È meglio limitare l’esposizione al rischio e approfittare del rialzo dei rendimenti a breve termine. Un rally del rischio, che sia sostenibile, prima o poi arriverà. Dobbiamo pazientare finché il ciclo dei tassi non raggiunge il picco.

 

Sempre più su

Meglio non tentare di prevedere quando il mercato toccherà il livello massimo, o minimo. Questa dovrebbe essere la regola d’oro degli investimenti, oltre all’orientamento a lungo termine e alla diversificazione. Vale per tassi, rendimenti obbligazionari, spread di credito, azioni, prezzi delle materie prime e valute. E vale anche per le banche centrali. La Federal Reserve, con Jerome Powell, ha fatto salire ancora una volta le aspettative del mercato sul livello massimo che toccheranno i tassi. La banca centrale americana il 21 settembre ha alzato i tassi di interesse di 75 p.b. Praticamente ha dichiarato che, finché i tassi reali non entreranno in territorio positivo e non ci saranno i segnali che la disoccupazione sta salendo, la Federal Reserve continuerà con la stretta monetaria. Gli yield lungo l’intera curva sono saliti ancora, oltre il livello massimo di giugno. L’hurdle rate, il tasso minimo che spingerebbe la Fed a una pausa o a un orientamento più accomodante, è stato rivisto al rialzo.

 

Contrazione globale

Negli ultimi giorni la banca centrale americana, la banca nazionale svizzera e la banca centrale norvegese hanno alzato i tassi di 75 p.b. La Bank of England ha optato per un rialzo di 50 p.b., ma tre membri del comitato monetario hanno votato a favore di un rialzo di 75 p.b. La Banca Centrale Europea l’ultima volta ha operato un rialzo di 75 p.b. e potrebbe ripeterlo il 27 ottobre, considerato l’approccio favorevole a una stretta che pervade l’Eurosistema. La stretta monetaria su scala globale quest’anno è stata notevole. Basti pensare che lo yield dell’indice Bank of America/ICE 1-3 year global aggregate bond è oltre i 300 p.b. Però non finisce qui, dato che l’inflazione non accenna a rallentare.

 

Yield a breve termine positivi

È da mesi che parlo del valore dei mercati obbligazionari. Viene naturale a chi si occupa del reddito fisso quando i prezzi dei titoli di Stato e di altre obbligazioni investment grade è poco superiore a 90. Ma il fattore macro continua a segnalare un rialzo dei tassi, e dunque la fiducia resta scarsa. Serve pazienza. Ciò vale ancora di più per gli strumenti rischiosi, come le azioni e il credito high yield. Oggi si può essere remunerati per la pazienza. I tassi di interesse sui depositi bancari risalgono lentamente, ma le obbligazioni a breve scadenza o i titoli del Tesoro sono una buona alternativa in cui investire finché non ci sarà una svolta nel sentiment e si potranno acquistare azioni e credito più a buon mercato. Non preoccupiamoci troppo se non si arriva al minimo assoluto. Il rendimento dei Treasury a 2 anni è oltre il 4%. Coi Gilt britannici si può arrivare al 5% circa. Gli yield nel mercato monetario in euro stanno salendo lentamente, ora che la BCE è tornata in territorio positivo.

 

La lotta continua

Le banche centrali si sono espresse chiaramente. Il fatto che non riescano a controllare l’inflazione conseguente all’aumento dei prezzi dell’energia e al COVID è diventato praticamente irrilevante. Vogliono veder rallentare la domanda, in modo che sia maggiormente in linea con l’offerta carente. Se non ci sono abbastanza lavoratori disponibili per riempire i posti vacanti, le banche centrali vogliono frenare la domanda di lavoratori. Questa settimana ho incontrato economisti ed esperti di strategia in occasione dei nostri incontri trimestrali. Il messaggio chiaro è che l’economia statunitense resta solida e ci vorrà del tempo e nuovi rialzi dei tassi per scatenare un momentum negativo. La spesa da parte di consumatori e imprese deve rallentare, tuttavia la situazione patrimoniale è ancora robusta. Alla fine, la domanda di lavoratori rallenterà quando le aziende reagiranno al calo delle vendite e degli utili. Inizierà un circolo vizioso con l’aumento della disoccupazione e il rallentamento della spesa. Potrebbero però volerci ancora diversi mesi, se non trimestri. Nel frattempo, la Federal Reserve potrebbe alzare i tassi fino al 5%.

 

Stati Uniti ed Europa

Le differenze tra Stati Uniti ed Europa sono notevoli. Gli Stati Uniti probabilmente si trovano in condizioni migliori sul fronte della crescita rispetto all’Europa. La BCE è dietro alla Fed, la sua politica sembra trainata dalla necessità di frenare le aspettative inflazionistiche, nonostante qualche rischio per l’attività. La situazione è diversa anche sul fronte dell’energia. Gli Stati Uniti sono autosufficienti, l’Europa fatica ad adattarsi alla mancanza di gas dalla Russia. La regione ha intenzione di azzerare le importazioni di petrolio russo all’inizio del prossimo anno e ciò potrebbe esacerbare la crisi energetica. Per la crescita in Europa si prospetta un periodo difficile. Ciò significa anche che molte aziende faticheranno rispetto a quelle americane, dove la situazione patrimoniale e la leva finanziaria restano più vantaggiose.

Se non fosse per la stretta monetaria della Fed, il settore corporate negli Stati Uniti sarebbe più promettente. Non c’è rischio di credito, almeno tra le società ad ampia capitalizzazione. Il loro finanziamento non dipende dai prestiti bancari o dai prestiti a tasso variabile. I margini di utile non si sono deteriorati molto. La stagione degli utili nel 3° trimestre sarà importante per capire se il calo dei prezzi azionari e dei multipli è stato sufficiente. Secondo me, appena assisteremo a un miglioramento del CPI core, ci sarà un rally del mercato azionario americano.

 

La forza del dollaro

Il prossimo passo credo sia quello di riconoscere che c’è valore in molti segmenti del mercato, ma non è ancora il momento per investire pienamente. Gli yield in alcuni segmenti del reddito fisso sono sui massimi in diversi anni. Potrebbe essere interessante acquistare obbligazioni high yield con scadenza a 3-5 anni e uno yield del 7-8%, nell’ipotesi che l’inflazione scenda rispetto ai livelli odierni. I rendimenti dovrebbero essere più alti dell’inflazione alla scadenza dell’investimento. Ma, nel breve termine, la Federal Reserve sta intervenendo ancora, e molto. Dunque potrebbe essere saggio aspettare e accontentarsi di rendimenti un po’ più bassi con meno rischio, o forse puntare sulle obbligazioni indicizzate all’inflazione a breve scadenza e approfittare dell’inflazione che resta ancora a livelli più alti di quanto prevedessimo qualche mese fa. L’altra considerazione è di mantenere una posizione long nel dollaro. L’indice del dollaro è sul massimo in 20 anni ma, a parte il Giappone, nessun altro ci bada più di tanto. Non c’è alcun accordo sui tassi di cambio in programma.

 

Geopolitica

Oltre a sperare in una vittoria delle banche centrali contro l’inflazione, ci sono altri fattori da monitorare. A seguito delle recenti dichiarazioni del Presidente russo, potrebbe esserci una svolta nel conflitto tra Russia e Ucraina, mentre il dissenso popolare appare più visibile. L’avventurismo all’estero spesso deve fare i conti con l’opposizione interna. È tempo di cambiamento anche in Iran? Le dinamiche del mercato del petrolio cambierebbero se l’Iran rientrasse in gioco, con un diverso scenario politico. Le dinamiche geopolitiche non sempre sono causa di un sell-off.

 

Acquista quando il prezzo è alto e vendi quando è basso?

I mercati faticano ancora a capire le implicazioni della stretta quantitativa. La Federal Reserve ha consentito ai titoli del Tesoro in bilancio di giungere a scadenza senza reinvestire i proventi. Questo meccanismo si chiama quantitative tightening passivo e determina un ridimensionamento graduale dello stato patrimoniale. La Bank of England ha annunciato che inizierà a vendere le obbligazioni in portafoglio, reintroducendo duration nel mercato dei bond, e qualche investitore potrebbe trovarsi nella necessità di ribilanciare le posizioni di conseguenza (e forse di riprezzarle). La BCE non ha ancora definito il suo approccio nei dettagli. È a tutti gli effetti una stretta monetaria, anche se le conseguenze non sono ancora chiare e potrebbero cambiare. Il processo probabilmente non è solo lo specchio del QE, tuttavia, a parità di condizioni, genererà qualche pressione al rialzo sui tassi o sugli yield lungo la curva. Non posso comunque fare a meno di notare che, durante il QE, le banche centrali acquistavano obbligazioni quando erano costose (e gli yield bassi) e ora le vendono quando sono convenienti (e gli yield più alti). Questa non è una strategia di trading redditizia!

 

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