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La Versione di Iggo

Dove volano i falchi

  • 28 Ottobre 2022 (5 min di lettura)

I mercati si stanno entusiasmando all’idea che si sta avvicinando la fine del ciclo di stretta. Per la BCE è importante valutare gli effetti di quanto è già stato fatto. La prossima settimana, se le aspettative del mercato sono corrette, la Federal Reserve avrà alzato i tassi di interesse del 3,75% quest’anno. La stretta è stata ragguardevole, ed è inevitabile che la banca centrale americana debba prendersi presto una pausa. Gli yield dei titoli del Tesoro americano sono ritornati su livelli più coerenti con una crescita del Pil nominale a medio termine e le valutazioni sembrano eque. Abbiamo assistito ad ampie correzioni delle valutazioni anche di altri strumenti finanziari, tuttavia per qualche titolo azionario, con gli utili sotto pressione, non è chiaro se la correzione sia finita. Comunque, chi crede nel rialzo delle obbligazioni sta sfidando l’approccio restrittivo della banca centrale.

 

Ritorno alla normalità

Durante la mia carriera ho fatto spesso riferimento a un grafico che mette a confronto la crescita del Pil nominale con gli yield dei titoli di Stato a lungo termine. Fino alla metà degli anni ‘90 c’era un certo allineamento tra gli yield obbligazionari e il tasso di crescita medio del Pil a medio termine. Semmai, gli yield obbligazionari erano in media leggermente inferiori alla crescita del Pil: il rendimento dei titoli di Stato dovrebbe essere in linea con la crescita economica (che è uno dei fattori determinanti del gettito fiscale), con un piccolo sconto perché i titoli di Stato sono strumenti privi di rischio. Dopo la crisi finanziaria globale, quando le banche centrali hanno iniziato il Quantitative Easing, gli yield erano molto più bassi dei tassi di crescita globale. Gli investitori che si aspettavano un aumento degli yield obbligazionari a fronte di una crescita nominale robusta sono rimasti generalmente delusi.

A seguito del QE, tale rapporto ha però iniziato a normalizzarsi. Gli yield obbligazionari sono risaliti verso il livello medio della crescita nominale. Nei 10 anni precedenti al 1° trimestre 2020 (alla vigilia della pandemia da COVID), la crescita del Pil nominale media negli Stati Uniti era del 4,0%. Mediamente, lo yield sui titoli del Tesoro decennali nello stesso periodo era del 2,3%. Nei 10 anni precedenti al 1° trimestre 2010, la crescita nominale media era sempre del 4% e lo yield medio del 4,4%. La politica monetaria dopo la crisi finanziaria globale ha contenuto gli yield obbligazionari.

Presupponendo la fine del QE, è possibile che l’inflazione negli Stati Uniti ritorni entro un range del 2-3% e la crescita del Pil reale intorno all’1-2%, e gli yield dei titoli del Tesoro americano tra il 3% e il 5%. In questo momento gli yield dei titoli del Tesoro sono del 4%. La crescita del Pil nominale stimata per il 2024 secondo il consensus Bloomberg è del 4%. Traete le vostre conclusioni, ma è possibile che stiamo tornando verso livelli più “normali” per gli yield obbligazionari a lungo termine. Considerata la fase del ciclo in cui ci troviamo, in questo momento non ci sono molti segnali che indicano una tendenza al rialzo. Questa settimana il reddito fisso ha registrato buone performance. Credo che continuerà su questa strada, almeno fino al prossimo incontro dell’FOMC o fino alla pubblicazione dell’indice CPI. Indubbiamente, il segmento a breve termine della curva è ancora preferibile dal punto di vista del profilo di rischio e rendimento. Confermo l’idea che il rendimento complessivo del reddito fisso appare assai più promettente in vista del 2023. In effetti, ottobre sta andando bene.

 

Vicini al picco

La correzione delle valutazioni dei tassi a lungo termine è collegata a diversi squilibri macroeconomici che hanno spinto l’economia globale da un contesto di inflazione troppo bassa durato un decennio a un’inflazione troppo alta nel corso dell’ultimo anno. L’inflazione ai massimi livelli in 40 anni ha quindi messo in crisi il modello che ruota attorno al target inflazionistico definito da banche centrali indipendenti. Le banche centrali hanno dovuto intervenire con decisione e, nonostante i mercati credano che siamo vicini al picco del ciclo di rialzi, non è ancora chiaro quando e perché le banche centrali si prenderanno una pausa. I mercati però sono sempre più convinti che la pausa sia vicina. La Banca Centrale Europea ha appena alzato ancora i tassi di 75 p.b. ma sembra che le prossime decisioni sui tassi dipenderanno dai dati. L’inflazione resterà alta per i prossimi mesi, questo è chiaro. Il delta sarà sui dati reali che, nell’Eurozona, si stanno deteriorando rapidamente. Io credo che la BCE sia ora propensa a rialzi leggermente meno aggressivi.  

 

Correzione delle valutazioni

La correzione delle valutazioni è stata diffusa nei mercati finanziari. Un modo interessante di valutare la performance è di confrontare il rendimento complessivo delle diverse asset class nel 2022 con la loro volatilità giornaliera annualizzata. Non sorprende che le componenti del mercato con la peggiore performance da inizio anno abbiano registrato la volatilità giornaliera più elevata. Per il NASDAQ, le azioni a bassa capitalizzazione, i titoli cinesi e il reddito fisso a lunga scadenza è stato un periodo difficile e di distruzione della ricchezza.

 

Finito?

Durante la fase “anomala” del QE, gli strumenti finanziari sono diventati sopravvalutati rispetto ai dati storici. Le azioni growth, rappresentate dall’indice NASDAQ, e le obbligazioni a lunga scadenza sono gli esempi più estremi. Solo un anno fa, i Bund tedeschi a 30 anni avevano uno yield di poco superiore allo 0%, i titoli del Tesoro a 30 anni del 2,0%, i Gilt britannici a 30 anni l’1,0%. Oggi, gli yield equivalenti sono del 2,1%, del 4,2% e del 3,7%. Un anno fa, il NASDAQ presentava un PE a termine di 35, oggi di 22. Considerata la fase del ciclo in cui ci troviamo, gli yield obbligazionari si attesteranno su un nuovo livello prima delle azioni growth.

 

Yield su, multipli giù

Gli strumenti più costosi al culmine del ciclo di stretta monetaria sono quelli che hanno riportato le peggiori performance e subìto una profonda correzione al ribasso delle valutazioni. Per il reddito fisso a lunga scadenza forse il peggio è alle nostre spalle, dato che le banche centrali chiuderanno il ciclo di stretta nei prossimi due trimestri e l’inflazione inizierà a rallentare. Gli yield obbligazionari a lungo termine sono tornati rapidamente verso i livelli del decennio prima del QE.

Per le azioni è più dura. I multipli PE per le azioni sono molto più vicini ai livelli pre-QE. Tuttavia, la stagione degli utili indica che ci sarà ancora un periodo di correzione dei fondamentali. La debolezza dei dati dei settori tecnologico e comunicazioni negli Stati Uniti pubblicati questa settimana non lascia presagire un rialzo delle azioni growth. Gli utili delle società di alto profilo negli Stati Uniti segnalano un rallentamento dei consumi e degli investimenti aziendali. È quanto si aspettava il mercato e, alla fine, sembra che si rifletta sugli utili.

 

Visibilità del flusso di cassa

Per il momento, il reddito fisso a breve scadenza resta interessante, con nuovi rialzi dei tassi in arrivo, nonostante le aspettative del mercato sul tasso terminale non stiano più salendo. Gli strumenti a breve duration e a tasso variabile e le azioni difensive, come il FTSE100 e il Nikkei, hanno riportato il calo meno consistente del rendimento complessivo e la volatilità più bassa nel 2022. Potrebbe continuare così, con i mercati azionari a più alto beta ancora sensibili all’andamento degli utili. Banche, servizi di pubblica utilità ed energia potrebbero continuare a essere le opzioni più difensive, considerata la maggiore sicurezza del flusso di cassa nel breve termine.

 

Spread ancora al rialzo

La liquidità oggi paga tassi più alti e il reddito fisso a breve termine paga ancora di più, con un rischio aggiuntivo minimo. Sarà difficile ottenere un rendimento positivo significativo attraverso i titoli a più lunga scadenza fintanto che l’inflazione non incominci veramente a rallentare e le banche centrali non si trovino effettivamente al picco del ciclo di rialzi dei tassi. Per il credito, l’idea che le banche centrali possano commettere un errore politico con una stretta eccessiva richiede un premio per il rischio elevato. Gli spread sono ampi e gli yield sono in genere interessanti nel credito, ma nei cicli precedenti sono stati più ampi (2008-2009, 2011-2012, 2015, 2020). D’altra parte il costo del denaro per le imprese è alto e mette sotto pressione i flussi di cassa per quelle che devono ricorrere al prestito. La selezione del credito è dunque importante.

 

Nel complesso, la crescita degli utili resta positiva

Finora gli utili delle società nell’S&P500, nel complesso, si aggirano intorno a 55 dollari per azione su base ponderata per la stagione del 3° trimestre. È un dato inferiore ai 57 dollari per azione del 2° trimestre, ma superiore ai 52 dollari per azione di un anno fa. Sono circa 250 le società che hanno già pubblicato i risultati, e sia i ricavi che gli utili sono in linea con le aspettative (più basse). É chiaro che la pressione sui margini è notevole, con una crescita delle vendite che supera di gran lunga la crescita del reddito netto.

Eppure, il mercato finora ha accolto bene tali notizie. Fino al 26 ottobre, l’indice S&P500 era salito del 6,2% finora nel mese, e il NASDAQ del 2,1%. La stabilizzazione dei tassi di interesse compensa le notizie sul fronte degli utili.

 

E poi c’è la Fed

I dati sull’inflazione restano fondamentali per il mercato: un rallentamento dell’inflazione e un approccio meno restrittivo da parte della Federal Reserve ci fanno pensare che il rallentamento dell’economia statunitense sarà più limitato nel 2023. Non esattamente un soft landing, ma una traiettoria di crescita che sembra migliore rispetto a quella europea. Nel rapporto sull’inflazione USA di settembre, il costo dell’abitazione risultava in aumento del 6,6% rispetto all’anno precedente. È un dato che ha contribuito all’inflazione core più alta del previsto. I prezzi immobiliari stanno però iniziando a scendere e lo stesso vale per le richieste di mutuo. Alla fine ciò si ripercuoterà sull’inflazione dei prezzi al consumo. Se l’inflazione sta già scendendo e il mercato del lavoro resta relativamente robusto, allora forse gli Stati Uniti subiranno solo un moderato rallentamento della crescita. L’incontro dell’FOMC della prossima settimana sarà decisivo. Jerome Powel ha iniziato il ciclo di rialzi dei tassi nella convinzione che il soft landing fosse possibile. Se tornasse a crederci (naturalmente è tutto da vedere), i mercati si avvierebbero verso le vacanze di fine anno al rialzo.

 

Gilt in ripresa

Alla fine nel Regno Unito c’è un po’ più di stabilità dopo il breve ma disastroso esperimento economico basato sulla teoria del trickle-down. Gilt e sterlina hanno recuperato buona parte delle perdite che hanno subito col mini-budget. I mercati hanno escluso un rialzo di 146 punti base rispetto al picco previsto della Bank of England. I mercati prevedono un rialzo di 75 p.b. la prossima settimana, ma con la Bank of England non si può mai sapere. Le discussioni tra il nuovo ministro delle finanze e la banca centrale sulla politica fiscale e i chiari segnali di indebolimento della crescita potrebbero spingere l’istituto a seguire l’esempio della banca centrale canadese, rallentando il ritmo dei rialzi dei tassi. Il nuovo governo assomiglia molto agli ultimi due, ma la politica economica sembra un po’ più solida. Il calo di 150 p.b. degli yield dei Gilt trentennali dal picco di metà settembre ci dice che è proprio quello che pensano anche i mercati.

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