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La Versione di Iggo

Colpa dei tassi?

  • 17 Marzo 2023 (5 min di lettura)

Il gioco si fa duro. Il rialzo dei tassi di interesse ha scatenato una crisi bancaria spingendo le autorità, gli investitori e i clienti delle banche a prendere provvedimenti. Non è una crisi sistemica, non è il 2008, eppure gli investitori temono per l’instabilità finanziaria. Le prospettive di crescita peggiorano e gli investitori punteranno su posizioni più difensive. Probabilmente alcune strategie a reddito fisso ne beneficeranno. La fine del ciclo dei tassi è (verosimilmente) vicina. Se la situazione dovesse peggiorare, si potrebbero tagliare i tassi. Dopo tutto, non c’è niente di meglio di una crisi finanziaria per sollevare lo spettro della deflazione.

 

La corsa agli sportelli

Le ripercussioni del fallimento della Silicon Valley Bank (SVB) negli Stati Uniti alimenteranno l’incertezza sulle prospettive economiche e del mercato nel breve termine. Dopo un anno di aumenti dei tassi di interesse, gli avvenimenti recenti potrebbero essere interpretati come i primi effetti della stretta monetaria. Dopo tutto, parte del problema di SVB dipende dai rialzi dei tassi di interesse che hanno gravato sul portafoglio titoli in bilancio. Avendo una scadenza più a lungo termine rispetto alle passività (i depositi dei clienti), di fronte alle richieste di prelievo dei fondi, la differenza in termini di duration ha provocato perdite sufficienti a prosciugare il capitale della banca. Non so quante volte questa settimana ho sentito citare Warren Buffett che disse “puoi vedere chi sta nuotando nudo solo quando la marea si ritira”. In effetti, c’è del vero. La contrazione delle condizioni monetarie alla fine ha portato alla luce le debolezze finanziarie. Come ho scritto l’altra volta, questo ciclo probabilmente ci riserverà numerose sorprese.

 

I rialzi dei tassi pesano

Come accade frequentemente nelle crisi finanziarie, emergono sia fattori idiosincratici che sistemici. In genere, quando c’è una corsa agli sportelli di una banca, traspaiono una cattiva gestione e controlli del rischio inadeguati. Quando le mancanze vengono alla luce, l’istituto in questione perde la fiducia dei depositanti e degli investitori. Ma c’è anche un risvolto macro/sistemico. Negli ultimi anni, i depositi bancari sono aumentati moltissimo negli Stati Uniti. Il fenomeno ha accelerato durante la pandemia per via del Quantitative Easing (la Federal Reserve ha creato più riserve bancarie, da cui deriva la crescita dei depositi), ma anche per via degli incentivi fiscali. I depositi sono cresciuti più rapidamente della capacità delle banche di erogare prestiti, dunque tale “eccesso” è stato investito in titoli. Non c’è nulla di sbagliato in tutto ciò dal punto di vista del credito, dato che gli strumenti in questione sono titoli del Tesoro e MBS garantiti da ipoteca. Tuttavia, ciò ha comportato anche l’assunzione del rischio di interesse, che può creare difficoltà in caso di rialzo dei tassi. La gestione dello stato patrimoniale è un problema comune nel sistema bancario statunitense. Ma la portata del rischio assunto varia molto. Nell’ultima settimana, la fiducia nei confronti delle banche regionali è diminuita poiché si tratta del segmento che potrebbe risentire maggiormente del rialzo dei tassi rispetto alle grandi banche, che sono invece soggette a norme più rigorose.

 

Depositi a rischio

Dobbiamo considerare il rischio sistemico correlato alla raccolta. Le banche non pagano molto ai clienti in cambio dei depositi, soprattutto perché negli ultimi anni è mancata la concorrenza (bassi tassi di interesse, abbondante liquidità di famiglie e imprese). Comunque, i tassi sono saliti e c’è l’opportunità di investire in fondi del mercato monetario o in titoli del Tesoro e incamerare più rendimento. Teoricamente ciò rende possibile una corsa agli sportelli bancari. Il rischio è verosimilmente esagerato per il sistema, le banche più piccole però potrebbero essere più vulnerabili, sia per via del calo di fiducia (i depositi vengono incanalati verso le banche più grandi percepite come più sicure), sia perché si ottengono tassi più alti altrove.

 

Margine di interesse in calo

Le banche dovranno pertanto alzare i tassi di interesse sui depositi dei clienti. Ciò si ripercuoterà sul margine di interesse netto e potrebbe gravare anche sugli utili. Nel contempo, le condizioni per la crescita del credito si stanno deteriorando sulla scorta del rallentamento dell’economia. Tali dinamiche porteranno a una contrazione delle condizioni di credito. Aumentano le probabilità di recessione, e per le piccole e medie imprese potrebbe diventare più difficile accedere al credito. Gli investitori hanno già preso qualche decisione di asset allocation a scapito delle banche regionali statunitensi.

 

Semaforo giallo

Anche in Europa ci sono fattori idiosincratici e sistemici. Le autorità svizzere sono intervenute per dare fiducia al sistema finanziario, tuttavia qualche provvedimento strutturale per il caso Credit Suisse appare inevitabile. I rischi nell’immediato sono una fuga dei depositi ma anche il possibile contagio delle altre grandi banche, controparti nei mercati finanziari. Per il momento tali rischi sono stati contenuti, tuttavia per i finanziari si è acceso il semaforo giallo.

 

Non è il 2008

Qualcuno ha paragonato la situazione odierna al 2008. Io penso che questa crisi sia nata dai tassi di interesse. Il rialzo dei tassi ha portato alla luce qualche caso di cattiva gestione del rischio, con differenze di duration tra attività e passività, per cui ogni tentativo di compensare le passività genererà delle perdite. La crisi finanziaria globale fu una crisi del credito, il problema emerse a causa degli asset collegati agli immobili di cattiva qualità presenti nei bilanci bancari. È comunque possibile che la crisi provocata dai tassi di interesse si trasformi in una crisi del credito. In tal caso, le prospettive per i mercati azionari e del credito si fanno più complesse.

 

Volatilità dei tassi al picco dopo la crisi

Dunque è importante essere chiari sulle prospettive dei tassi. Le previsioni di mercato sui tassi di interesse nell’ultima settimana sono apparse volatili. Lo yield dei Treasury a 2 anni è rimasto in un range di 130 punti base nelle ultime otto sessioni. È un dato senza precedenti. La maggior parte degli opinionisti crede che la Fed alzerà ancora i tassi di interesse il 22 marzo, ma il mercato non sconta neppure un rialzo di 25 p.b. La Banca centrale europea (BCE) ha alzato i tassi giovedì ed è riuscita a fare distinzione tra i timori per la stabilità finanziaria e la lotta contro l’inflazione. Prevedo che il Presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, farà lo stesso nella conferenza stampa dopo il Federal Open Market Committee. Un rialzo di 25 p.b. sembra la decisione più probabile, ma poi chi lo sa. Nel secondo trimestre la Federal Reserve potrebbe stare a guardare.

 

Rischi finanziari e inflazione

Nonostante l’inflazione resti persistentemente alta (il dato core è chiaramente vischioso, sebbene sia sceso al 5,5% negli Stati Uniti a febbraio), il picco dei tassi di avvicina. È importante che le banche centrali evitino il conflitto tra la stabilità finanziaria e la credibilità nella lotta l’inflazione. Se emergessero nuovi problemi nel settore bancario e una volatilità più generalizzata dei mercati finanziari, le prospettive sui tassi potrebbero cambiare. Se la crisi del 2008 riguardava il credito e quella odierna riguarda i tassi di interesse, la buona notizia è che i tassi si possono tagliare più rapidamente, con una soluzione più veloce rispetto alla crisi del credito.

 

Opportunità di credito

Dopo i recenti avvenimenti è aumentata l’avversione al rischio tra gli investitori e le prospettive per l’economia, i mercati azionari e del credito sono meno positive. La contrazione delle condizioni di credito dovuta all’approccio necessariamente più prudente delle banche americane ed europee si riflette già in un ampliamento degli spread di credito nel mercato obbligazionario. Gli spread investment grade negli Stati Uniti e nell’Eurozona questo mese sono aumentati di circa 40-45 p.b., per l’high yield di oltre 100 p.b. Nel mercato investment grade USA, il livello degli spread si sta avvicinando al picco degli spread dello scorso ottobre e al momento peggiore del sell-off nel 2018. Gli yield sono più alti rispetto ai cicli recenti e le prospettive a breve termine fanno presagire uno yield del 6%. Per il mercato high yield USA, il rendimento dell’indice si sta avvicinando al 9%. All’inizio della pandemia aveva superato di poco l’11%, e nel 2015 era del 10%.

 

Banche europee

Nonostante l’intensificarsi dei rischi finanziari, i mercati del credito oggi offrono più valore. È vero a livello del mercato, ed è vero quando gli investitori nel credito vanno alla ricerca delle opportunità emerse per via delle vendite indiscriminate dell’ultima settimana. I miei colleghi del reddito fisso hanno una visione assai più positiva delle banche europee che sono soggette a norme più rigorose e hanno bilanci che risentono meno del rialzo dei tassi di interesse. Nelle scadenze intermedie del mercato investment grade in euro, gli yield si avvicinano al 4,5% e i prezzi medi delle obbligazioni restano bassi. Abbiamo visto in passato che la Fed non ha il monopolio degli strumenti di liquidità; la BCE è in grado di far ripartire le operazioni di pronti contro termine a lunga scadenza in caso di problemi per la liquidità.

 

Il rischio ormai è evidente

Dobbiamo essere aperti alla possibilità di nuovi segnali di instabilità finanziaria e al rischio di contagio. I tassi sono saliti molto e la crescita economica, seppur ancora ragionevole, sta rallentando. Il sistema finanziario globale abbondava di liquidità nel periodo 2020-2022, e non ci sorprende che emergano dei rischi correlati alla gestione di tale liquidità, e nel momento in cui inizia a ridursi. Non ci troviamo di fronte a un rischio sistemico, le persone non stanno facendo uscire i deposti dal sistema, però sono venute alla luce le fragilità del settore finanziario e aziendale. Per le banche, la questione è dove si trovano questi depositi e quali sono gli asset che li garantiscono. La notizia del giorno è che i grandi istituti di credito americani hanno dovuto fornire liquidità a un’altra banca in difficoltà. Nelle prossime settimane ci aspettiamo altri interventi, politici o di settore, per dare fiducia. In qualche caso potrebbe ricordarci l’estate del 2008.

 

E il settore tecnologico?

Ci siamo concentrati sul settore bancario e sulla sua vulnerabilità. Ma alcune delle banche americane che hanno fatto notizia durante la scorsa settimana hanno un altro elemento in comune: l’esposizione al settore tecnologico. Un’esposizione concentrata, attraverso i depositi o i prestiti, è problematica nel momento in cui il settore tecnologico è in recessione. Il finanziamento delle start-up è stato la fonte principale della crescita dei depositi di SVB, tuttavia, dato che i ricavi del settore rallentano, la liquidità si esaurisce velocemente perché le aziende devono pagare i salari dei programmatori e altri costi. Diventerà più difficile raccogliere capitali per le start-up nel settore dell’intelligenza artificiale, delle tecnologie sanitarie e delle tecnologie verdi. Le società tecnologiche quotate ad alta capitalizzazione che in genere dispongono di liquidità potrebbero approfittarne e rastrellare le aziende early stage per ottenere il vantaggio tecnologico ed essere più forti quando inizierà un nuovo ciclo. Sarà un fenomeno interessante.

 

L’opinione dei mercati

Cosa pensano allora i mercati? In questo momento credo sia difficile aspettarsi un calo dei tassi. Ci stiamo certamente avvicinando al picco e i rischi finanziari sono aumentati. Il mercato ha già previsto un rialzo dei tassi con yield sui Treasury decennali in calo al 3,5% (vi ricordate che avevo previsto che al 4% sarebbero tornati ad acquistare). Gli yield del credito non sono scesi, dunque la componente short duration dei mercati del credito resta appetibile in questo scenario più rischioso. Il credito in generale sembra interessante, tenendo conto che gli spread potrebbero salire molto in qualsiasi momento nell’ultima fase del ciclo monetario. Anche se il rendimento passato non è garanzia dei risultati futuri, la storia ci insegna che questi aumenti possono offrire opportunità di acquisto.

Per l’azionario, la situazione non è cambiata. Gli Stati Uniti sono ancora costosi, e gli utili probabilmente scenderanno ancora. Gli utili potrebbero diminuire anche per le banche, dopo il settore tecnologico, e l’energia difficilmente otterrà gli stessi risultati del 2022 dato che i prezzi dell’energia stanno scendendo su scala globale. Gli interventi della politica per sostenere la fiducia porteranno a qualche rally del mercato azionario, ma nei prossimi trimestri i fondamentali restano deboli.

 

Il calcio

Le partite si susseguono rapidamente. Per fortuna ero in Sud America quando il Manchester United ha avuto un incidente di percorso. La squadra ha riacquistato una mentalità vincente, anche se la performance non è delle migliori. Potrebbe giocare più di 60 partite questa stagione, a seconda dei risultati nella FA Cup e in Europa League. Se riuscisse a portare a casa uno o più trofei sarebbe indubbiamente un bel successo. La Premier League mi sembra una gara con due possibili vincitori, e scommetterei sul nord di Londra. Se il City vincesse tre partite di seguito non sarei molto felice. Quello è il nostro record!

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