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È cambiato tutto in pochi mesi!


L’anno era partito con il freno a mano tirato: la mediana degli economisti di Wall Street prevedeva una crescita del PIL USA molto modesta e l’incessante dibattito sulla, al tempo la molto probabile, recessione spaventava gli investitori. Da qui l’ingente campagna di marketing dell’industria del risparmio gestito sui prodotti obbligazionari, in particolare con scadenze lunghe. In parole povere, doveva essere l’anno dei bond.

La realtà è molto diversa. Nei primi due trimestri del 2023, l’economia USA è cresciuta rispettivamente del 2% e del 2.4%, molto oltre le aspettative degli analisti, che peraltro erano già state riviste al rialzo nel secondo trimestre (1.8%). A livello aziendale, il secondo trimestre sorprende ancora: avendo acquisito i risultati del 63% della capitalizzazione dell’indice S&500, possiamo dire che più di quattro aziende su cinque hanno battuto le stime sugli utili. 

La revisione delle stime di crescita per l’anno in corso è stata a dir poco imbarazzante: da 0.2% a inizio anno all’1.6% attuale. Ma non è solo la differenza tra queste due stime che impressiona. È l’evoluzione delle forecast che mi lascia sbalordito: solo pochi mesi fa la recessione era data per certa, mentre oggi le grandi banche di Wall Street mi avvisano che la loro view è cambiata. In sintesi, siamo passati da “recessione” a “espansione” nel giro di poche settimane. 

D’altronde, le performance parlano chiaro: nei sette mesi passati, l’indice azionario MSCI World ha generato un total return del 18.7%, staccando nettamente l’indice obbligazionario Bloomberg Global Aggregate (1.4%, entrambe in dollari). All’interno dell’universo obbligazionario possiamo dire che il rischio ha pagato finora: passiamo da un modestissimo +0.7% dell’indice US Treasury, al 2.9% dell’indice US Corporate per finire al 6.5% di quello US High Yield. Che dire della duration, allora? L’indice US Treasury a scadenze brevi (1-3 anni) ha riportato un guadagno di 1.3%, mentre l’indice US Treasury a scadenze >10 anni è addirittura in negativo (-0.1%).

Però la performance passata non è una garanzia di performance futura. Cosa ci aspetta quindi nei mesi finali di questo 2023, anno di revisioni par excellence? In assenza di shock imprevisti, una economia come gli Stati Uniti non passa da crescere al 2.4% a una contrazione nel giro di un trimestre. La nostra view è orientata su una trasmissione graduale della stretta monetaria di Washington e di conseguenza su un rallentamento del ciclo congiunturale nei prossimi 12 mesi. Resta comunque da capire quanto velocemente sia stato trasmesso e assimilato dall’economia l’aumento di 525 punti base della Federal Reserve a partire da marzo 2022. Tema questo, sul quale vige un alto livello di incertezza anche in seno al FOMC con membri come Christopher Waller che teorizzano addirittura una trasmissione più veloce rispetto ai cicli passati. Se così fosse, si aprirebbero scenari insperati quali il cosiddetto “no landing”, cioè una economia USA che inaugura un nuovo ciclo di espansione senza passare attraverso il giogo della recessione. 

Non mancano, come sempre, i rischi. Rischi legati alla traiettoria dei tassi di interesse, che potrebbero non essere ancora arrivati a un livello abbastanza restrittivo per raffreddare l’inflazione e che potrebbero invece raffreddare il rally azionario in corso. Senza contare i rischi legati alla geopolitica, dalla Russia alla Cina, dal Sahel agli effetti dell’inflazione sui mercati emergenti. Venire colpiti da shock con una economia in espansione è però cosa molto differente dal venire colpiti con una economia già in contrazione.

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