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Outlook Annuale

Investire nel 2022: quattro driver di mercato di cui tenere conto

  • 01 Febbraio 2022 (5 min di lettura)

Inflazione, politiche monetarie meno accomodanti, Omicron che fa intravvedere la luce in fondo al tunnel della pandemia e la transizione climatica/energetica: questi i diver di mercato di cui dovremo tener conto quest’anno. Anche se gennaio si sta dimostrando piuttosto impegnativo, le ragioni d’ottimismo per il 2022 non mancano: gli utili per azione a livello globale cresceranno ancora, le società continueranno a fare innovazione e i consumatori avranno ancora margini di recupero in termini di spesa – specialmente in ambiti come le vacanze e l'ospitalità.

I driver di mercato più importanti nel 2021 sono stati la pandemia e le spinte inflazionistiche. Ma la stretta congiunturale che ha dominato in tutto il mondo nel 2020 ha iniziato ad allentare la presa e, nel secondo semestre del 2021, sono emersi i primi segnali di un apparente ritorno alla "normalità".

L'economia globale ha subito una forte contrazione nel 2020, espressa da una retrocessione del PIL del 3,2%. Tuttavia, grazie alle campagne vaccinali, che hanno consentito a molti paesi di passare dai lockdown a un allentamento delle restrizioni, nel 2021 si è profilata una ripresa – e, al momento, si stima una crescita del 5,7% nel 2021 e del 4,2% per il 2022.

Anche i mercati azionari - nonostante la congiuntura incerta - hanno continuato a generare rendimenti sopra la media, e hanno registrato un rialzo annuo complessivo del 22% – a fronte del 16% del 20211 . I rendimenti nel reddito fisso sono stati un po' meno brillanti: le obbligazioni governative hanno perso il 7% - mentre il segmento high yield a livello globale è riuscito a raggranellare un più rispettabile incremento dell'1% - grazie all'inflazione in rapida ascesa e ai conseguenti timori di una stretta monetaria2 .

Al netto del Covid-19, è stato un anno denso di eventi, con molti alti e bassi. Gli investitori hanno assistito al rialzo delle cosiddette "meme stock", con il caso più eclatante del rivenditore statunitense di videogiochi GameStop, che ha visto il prezzo delle sue azioni salire di circa il 1.700% nel giro di un mese. Il bitcoin ha raggiunto il suo massimo storico, mentre la Banca popolare cinese ha realizzato un'ingente iniezione di liquidità nel sistema bancario, con l'obiettivo di dare supporto al settore immobiliare e di sventare la crisi del colosso del settore Evergrande, oberato da un forte indebitamento. In generale, tuttavia, il 2021 è apparso come un anno di forte slancio mondiale, grazie alla crescente capacità di gestire la pandemia. È tornata in campo la crescita, ma non senza un'altra serie di problemi.

Nel corso del 2022 avremo a che fare con altre sorprese - sia in termini di sfide che di opportunità. Ma quali saranno i principali elementi di cui gli investitori dovranno tenere conto nei prossimi 12 mesi? I temi dominanti saranno la probabile fine della pandemia, l'inflazione, la contrazione delle politiche monetarie e una maggiore enfasi sul raggiungimento dell'obiettivo net-zero carbon.

Omicron – L'inizio della fine del Covid-19?

A due anni dallo scoppio della pandemia, negli ultimi tempi si è molto dibattuto sulla possibilità che se ne possa prospettare la fine – la variante Omicron, benché molto trasmissibile, sembrerebbe avere effetti meno gravi sui contagiati. Ma se l'OMS avverte che è ancora troppo presto per trattare il Covid-19 come una malattia endemica simile all'influenza stagionale, diversi studi hanno concluso che il rischio di ospedalizzazione per Omicron è più basso rispetto a Delta - un'ipotesi supportata anche dagli ultimi dati. Quel che è certo, però, è che il virus preoccupa ancora molto gli investitori, e ha ancora la capacità di influenzare e mettere in difficoltà il rapporto domanda/offerta e, di conseguenza, i comportamenti del mercato.

Il proseguimento delle campagne vaccinali in tutto il mondo è un fattore di grande importanza – specialmente in molti mercati di paesi in via di sviluppo, per i quali la carenza di vaccini è stata particolarmente critica. A inizio 2022, la presenza del virus è ancora la cifra della nostra vita quotidiana, e naturalmente impedisce un completo ritorno a quella normalità cui eravamo abituati fino a gennaio 2020. Ciò nonostante, la fine potrebbe non essere lontana, e questa è una buona notizia per le prospettive dell'economia e per gli investitori.

Il fattore inflazione

L'inflazione preoccupa da diversi anni le banche centrali, ma fino a qualche tempo fa si trattava più che altro di stimolarne la crescita. Dopo la forte ripresa della domanda post-lockdown, invece, le autorità monetarie hanno piuttosto il problema di contenerla, per domare l'impennata del costo della vita che ha caratterizzato l'ultima parte dell'anno. Stando ai dati di dicembre, i prezzi negli Stati Uniti stanno crescendo al ritmo più sostenuto degli ultimi quarant'anni, con un aumento dell'inflazione anno su anno del 7%. In questo momento possiamo ipotizzare un possibile iniziale ripiegamento dell'inflazione nel corso del 2022. A oggi questa ipotesi, condivisa dal mercato, ha impedito un forte rialzo dei rendimenti delle obbligazioni a lunga scadenza - anche se i tassi iniziano a salire. Di qui a circa un anno, alcune delle più grandi banche centrali inizieranno probabilmente ad aumentare i tassi di riferimento rispetto ai livelli mantenuti durante la pandemia. L'anticipazione di queste possibili svolte nelle politiche monetarie ha determinato una certa volatilità sui mercati a inizio 2022, con turbolenze sia sul fronte azionario che su quello obbligazionario.

Quest'anno, però, i fattori che gli investitori devono valutare rispetto al probabile andamento dell'inflazione sono diversi; le banche centrali devono fare più di quanto previsto, ossia di quanto abbiamo già scontato? E gli investitori dovrebbero adeguare i propri portafogli per proteggersi da risultati inattesi o non ottimali? Alcuni segmenti di asset hanno già registrato un miglioramento dei livelli di rendimento a fronte dell'attuale contesto di crescita dell'inflazione. Il più degno di nota, e forse anche il più sorprendente, è stato il segmento delle obbligazioni inflation-linked. Nel breve, i mercati si stanno adattando alla realtà di un'inflazione in aumento e ai rialzi dei tassi d'interesse che ne conseguiranno. Ma in gran parte questi fattori sono già prezzati e, nel momento in cui sarà raggiunto il nuovo "equilibrio" atteso, la volatilità dovrebbe attenuarsi, favorendo il rendimento degli investimenti.

L'inasprimento delle politiche monetarie

La crescita delle spinte inflazionistiche determinerà la necessità di alzare i tassi d'interesse. Le mosse delle banche centrali partono da livelli bassissimi e probabilmente si manterranno entro i limiti degli standard storici; quel che appare certo, tuttavia, è che l'era delle politiche monetarie dettate dalla crisi pandemica sta per concludersi. Ci sono già stati aumenti in Nuova Zelanda, Polonia, Norvegia, Corea del Sud, Repubblica Ceca e, più di recente, nel Regno Unito, segno che le banche centrali iniziano ad allentare le misure di emergenza introdotte durante la pandemia. Ma l'aumento del costo del denaro produrrà implicazioni molto diverse sui rendimenti dei mercati azionari e obbligazionari - e sulla crescita economica. I mercati hanno già prezzato questi aumenti, e la rapida crescita delle spinte inflazionistiche ha alimentato le loro aspettative, disallineandole dalle dichiarazioni previsionali prevalenti utilizzate dalle banche centrali come tool di politica monetaria post-pandemia.

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In caso di eliminazione troppo repentina del supporto monetario, il ciclo economico si accorcia, producendo di conseguenza un rallentamento della crescita. La misura in cui ciò potrà realmente accadere dipende dalla traiettoria dell'inflazione. Per il momento, comunque, le banche centrali manterranno un approccio prudente e attenderanno prove convincenti che il lungo periodo di bassa inflazione stia realmente per finire. Oggi il mercato sconta che ci vorrà più di un anno prima che la Federal Reserve completi l'inversione rispetto ai tagli dei tassi decisi in sole due settimane a marzo 2020. La stretta monetaria potrebbe essere abbastanza graduale. Nel frattempo, gli investitori dovrebbero continuare a realizzare discreti rendimenti, poiché le società continuano a rispondere a forze strutturali come la digitalizzazione e la transizione energetica.

La transizione climatica

Quest'anno dovrebbe essere caratterizzato da un'ulteriore accelerazione della transizione verso un mondo a basse emissioni. La COP26 non ha fatto grandi passi avanti rispetto alle posizioni precedenti – e la strada verso l'azzeramento delle emissioni nette entro il 2050 si prospetta sicuramente lunga e tortuosa – ma io sono un po' più ottimista rispetto al futuro. Sarà il Patto sul clima di Glasgow a cadenzare il ritmo dell'azione per il clima, dato che i governi hanno il compito di realizzare nuovi contributi definiti a livello nazionale (NDC, Nationally Defined Contributions) per la decarbonizzazione, con focus sul 2030, entro la data della prossima COP, che si terrà a Sharm El-Sheikh alla fine del prossimo anno. Prima dell'incontro di Glasgow, la prossima pubblicazione degli NDC era prevista per il 2025.

Gli investitori vogliono un cambiamento e la transizione verso la carbon neutrality creerà molte opportunità - il progresso verso la decarbonizzazione attirerà sempre più capitali, e gli investitori hanno un ruolo essenziale in questo processo. Dando un rapido sguardo alle vendite di fondi nel 2021, emergono afflussi record in portafogli ESG a livello globale (a fine novembre) di 649 miliardi di dollari – con un incremento significativo rispetto ai 542 miliardi e ai 285 miliardi attirati da queste strategie, rispettivamente, nel 2020 e nel 2019, in base ai dati di Refinitiv Lipper. La riduzione dei rischi climatici nei portafogli e la ricerca di opportunità in settori e tecnologie leader per la transizione energetica costituiranno uno dei temi principali del 2022.

Un contesto ottimistico per gli investimenti

La buona notizia in termini prospettici è che si vede finalmente la luce in fondo al tunnel della pandemia. Potremo tornare alla normalità dei viaggi e della vita sociale, con grandi vantaggi per l'economia. Per di più, la necessità di rivitalizzare le imprese e di riqualificare le supply chain imprimerà un'accelerazione all'attività, cui contribuirà anche la costante ricerca di modelli di business più sostenibili. Il mondo delle imprese è in buona salute e registra una crescita dei profitti sufficientemente rapida, mentre le famiglie sono favorite dalla crescita sostenuta dell'occupazione e dei salari.

Riguardo alle politiche monetarie, si prospetta un inasprimento generalizzato ma, almeno per quest'anno, non torneremo neppure al livello dei tassi d'interesse dell'immediata fase pre-pandemia. Dal mio punto di vista, tutto questo non è sufficiente a danneggiare il ciclo economico. L'inizio del nuovo anno si sta dimostrando impegnativo, con i mercati impegnati a prevedere quale sarà l'andamento dei tassi, ma gli utili per azione a livello globale cresceranno ancora anche quest'anno, le società continueranno a fare innovazione e i consumatori avranno ancora margini di recupero in termini di spesa – specialmente in ambiti come le vacanze e l'ospitalità. Non mancano ragioni di ottimismo per il 2022, anche se gennaio si sta dimostrando piuttosto impegnativo.

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