Boris, prendi la bici e vai
Nel Regno Unito, le divisioni politiche sulla questione della Brexit durano ormai da sei anni. L’attuale governo ha negoziato una Brexit relativamente “hard”, che ha portato a crescenti difficoltà sul fronte commerciale e del mercato del lavoro perché non si possono assumere cittadini UE con la stessa facilità del passato. Il Covid e la crisi energetica hanno aggravato le difficoltà economiche, e il governo di Boris Johnson, contrariamente al tradizionale orientamento dei Conservatori, ha incrementato la spesa pubblica e concesso agevolazioni fiscali senza precedenti. Per Johnson è finita e, relativamente al programma di governo, forse è finita anche per la corrente dei Tory che lo ha portato a Downing Street. Rapporti più costruttivi con l’UE e una gestione fiscale più robusta ridarebbero fiducia nei confronti degli investimenti nel Regno Unito. La sterlina potrebbe rafforzarsi e il rendimento delle azioni britanniche migliorerebbe. Ma prima ci sarà l’elezione del nuovo leader del partito Conservatore a intrattenerci tra la fine del torneo di Wimbledon e l’inizio della stagione della Premier League.
Tutto cambia
I politici che occupano le alte cariche nei sistemi socialdemocratici non restano al potere molto a lungo. Normalmente un mandato dura quattro o cinque anni, perché è previsto così dal sistema oppure per scelta dell’elettorato, ed è molto raro che un politico resti in carica per più di due mandati. La maggior parte non ci arriva. Molti non riescono neppure a finire il primo. Non sorprende che Boris Johnson sia uno di questi. L’opposizione nei confronti del Primo Ministro che si è andata formando tra i membri del suo stesso partito politico è sfociata nel dramma che si è consumato questa settimana a Westminster. Mentre Johnson è riluttante ad abbandonare subito la scena, è indubbio che il Regno Unito avrà un nuovo primo ministro e un nuovo governo prima del cambio dell’ora di quest’autunno. Forse anche prima. Gli investitori devono guardare oltre la sceneggiata politica a breve termine per concentrarsi sulle problematiche economiche che contribuiscono all’incertezza politica e che andranno risolte quando si chiariranno le intenzioni del nuovo governo.
Profonde divisioni
Gli eventi della settimana riflettono il carattere di Boris Johnson e il suo stile di “leadership”. Le forze politiche devono però guardare oltre il singolo individuo. Il Partito dei Conservatori al potere era diviso sulla questione della Brexit sin dal 2016 (basti ricordare che il Primo Ministro dell’epoca, David Cameron, era favorevole a restare nell’Unione). La spaccatura nel partito si ampliò dopo il referendum quando il successore di Cameron, Theresa May, cercò di adottare una linea meno dura sulla Brexit rispetto a quella poi portata avanti da Johnson, con il sostegno dei membri del suo partito favorevoli all’uscita dall’UE, dopo aver rovesciato il governo May. Quest’estate rivedremo probabilmente le stesse divisioni.
Una Brexit meno dura?
In Parlamento non c’è grande interesse, tra i diversi partiti, a rientrare nell’Unione Europea (nonostante i sondaggi d’opinione indichino che il pubblico sembra ancora diviso sull’appartenenza all’UE come nel 2016, 50/50 circa). Questo però non significa che prevarrà lo status quo. Un governo Conservatore più moderato, con un leader assai diverso e ministri completamente differenti da quelli che abbiamo avuto negli ultimi due anni, potrebbe risolvere alcuni dei problemi correlati alla Brexit che stanno avendo effetti negativi sull’economia dal 2018. È evidente che gli scambi commerciali con l’UE si sono fatti più difficili per le aziende britanniche, particolarmente per le piccole e medie imprese, con evidenti problemi come le lunghe code di camion al Porto di Dover. C’è poi l’impasse sul protocollo sull’Irlanda del Nord. Le carenze di personale nell’hospitality e nell’agricoltura sono gli effetti ben visibili della fine della libertà di circolazione delle persone. Alcuni di questi problemi potrebbero essere risolti dal nuovo governo. La gioia di Bruxelles alla notizia della caduta di Johnson ci fa pensare che l’UE auspica un rapporto più costruttivo con il Regno Unito.
Serve stabilità fiscale
Un miglioramento delle relazioni con l’UE sarebbe auspicabile. La modesta rivalutazione della sterlina indica che i mercati reagirebbero positivamente a un cambio di direzione della politica britannica. Più in generale, per via del Covid, la politica fiscale nel Regno Unito è stata assai reattiva negli ultimi anni. Il governo ha fornito aiuti generosi durante la pandemia e ha cercato di alleviare l’onere degli aumenti delle bollette dell’energia. Ma non c’era un piano fiscale ben ponderato per il lungo termine. L’ufficio per la responsabilità del bilancio ha pubblicato recentemente un documento sui rischi per la sostenibilità delle finanze pubbliche nel Regno Unito, citando il Covid, la Brexit e la crisi dell’energia. A marzo l’ufficio stimava che, nell’anno fiscale in corso, il debito pubblico avrebbe raggiunto il 3,9% del Pil. Il rallentamento della crescita e l’aumento degli interessi passivi potrebbero gravare su tale stima. Una delle sfide principali per il successore di Johnson sarà il deterioramento delle finanze pubbliche, unitamente alla necessità di bilanciare la promessa di riduzione degli squilibri con la politica di “levelling up” e il sostegno al sistema sanitario.
Rapporti migliori con l’UE?
Un accordo commerciale più costruttivo con l’UE, oltre ad abbandonare l’idea assurda (e costosa) di ritornare al sistema di misurazione imperiale, potrebbe spronare l’economia britannica. Nonostante il ciclo di stretta monetaria in corso, è verosimile che i tassi di interesse restino relativamente bassi. Il Regno Unito ha già fatto importanti passi avanti nello sviluppo dell’energia rinnovabile, e ciò dovrebbe favorire l’innovazione nel campo delle tecnologie pulite. Sarebbe altresì utile ribaltare alcune delle decisioni correlate alla Brexit che hanno portato a una minore cooperazione internazionale nella ricerca scientifica.
Quando si è in ballo…
Il mercato britannico è relativamente conveniente rispetto ad altri mercati azionari sviluppati e la sterlina appare conveniente al di sotto di 1,20 dollari. Gli investitori azionari globali potrebbero essere allettati da un mercato azionario e una valuta a buon mercato, qualora la direzione politica nel Paese cambiasse in positivo. Naturalmente, la fiducia nei confronti degli strumenti più esposti al rischio resta scarsa. Con i nostri team di gestione dei portafogli abbiamo appena completato la revisione trimestrale delle prospettive dei mercati azionari e obbligazionari con il nostro sistema che si basa su fattori macro, valutazioni, sentiment e fattori tecnici (MVST). I punteggi macro sono tutti piuttosto negativi per credito e azioni, mentre le valutazioni sono abbastanza positive. Il calo dei mercati lascia presagire rendimenti migliori in futuro, tuttavia gli investitori non hanno ancora individuato il catalizzatore in grado di capovolgere tale tendenza.
Ci attendono eventi importanti. I dati sull’inflazione negli Stati Uniti, le decisioni della Federal Reserve sui tassi di interesse, l’inizio della stagione della pubblicazione degli utili del 2° trimestre e, tornando nel Regno Unito, un nuovo quadro politico. Tali fattori potrebbero risultare negativi per i mercati, e le profonde divisioni nel Regno Unito, sia in generale che tra i Conservatori in particolare, potrebbero far peggiorare ulteriormente la situazione. Gli investitori sperano che arrivi un leader più pragmatico, che si concentri sulle questioni economiche a lungo termine. L’economia non se la passa poi così male, con aziende leader al mondo, un settore dei servizi finanziari robusto e una forza lavoro preparata. Se la politica riuscisse a liberare questo potenziale, i mercati britannici offrirebbero molte più opportunità agli investitori in futuro.
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