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La Versione di Iggo

Come coprire il rischio di recessione

  • 01 Settembre 2023 (5 min di lettura)

Il divario tra lo yield delle obbligazioni societarie e i tassi di interesse overnight non potrebbe essere più ristretto di così. Negli ultimi mesi i tassi sono saliti e gli spread di credito sono diminuiti, e la minicrisi del settore bancario di marzo si è rivelata un’ottima opportunità di acquisto. In caso di un soft landing senza particolari scossoni nel segmento corporate, con la Federal Reserve che manterrà i tassi alti a lungo, tale divario potrebbe rimanere assai ristretto. Non possiamo però del tutto escludere il rischio di un hard landing. In caso di un indebolimento dei dati economici, e in particolare di un rallentamento del mercato del lavoro negli Stati Uniti, i premi per il rischio probabilmente si amplierebbero e le aspettative sui tassi di interesse per il 2024 scenderebbero. Ci sono le opportunità di aprire una posizione coperta qualora il soft landing in corso rendesse più difficile gestire il flusso di cassa e la situazione patrimoniale.  

 

Tutto bene

Negli ultimi mesi si è parlato molto di “resilienza”, soprattutto in riferimento alla performance migliore del previsto dell’economia americana. Alla base di quest’idea piuttosto superficiale c’è il fatto che famiglie e imprese sono riuscite a evitare bruschi tagli dei consumi e degli investimenti. Non sono mancati grossi ostacoli, come l’aumento dei prezzi dell’energia e degli alimentari, un incremento generalizzato del costo della vita e i rialzi dei tassi di interesse. Tutto ciò è accaduto sull’onda della pandemia da Covid-19. La ricchezza e il reddito delle famiglie sono rimasti abbastanza solidi da consentire, negli ultimi quattro trimestri, la crescita dei consumi a un tasso medio annualizzato del 2,3%. La crescita ha rallentato durante l’ultimo trimestre, tuttavia non è andata male, considerate le circostanze. Le aziende sono riuscite a gestire il rallentamento della crescita, così come l’aumento dei costi e l’incremento degli interessi passivi. Come ho scritto la settimana scorsa, tutto conduce verso un soft landing.

 

Al rischio corrisponde una ricompensa

Il comportamento dei mercati è risultato in linea con tale scenario macroeconomico. Le azioni hanno fatto meglio delle obbligazioni. Le azioni growth (costose) hanno superato i titoli value. Il mercato degli Stati Uniti ha fatto meglio del resto del mondo. Nel reddito fisso, i prestiti con effetto leva e il credito high yield hanno riportato le migliori performance nel mercato americano. Il segmento high yield ha battuto tutte le altre asset class nel mercato obbligazionario europeo. I titoli delle società più indebitate, che in molti casi pagano interessi passivi a tasso variabile, hanno prodotto un rendimento complessivo molto positivo. L’indice Bloomberg US Leveraged Loan Total Return ha generato un rendimento di oltre l’8% finora quest’anno, mentre il rendimento dei titoli high yield con rating CCC è stato del 13% circa. Le società con un livello di indebitamento elevato, che pagano interessi passivi elevati, e in qualche caso in aumento, sembrano in grado di gestire una situazione macroeconomica più complessa e la contrazione delle condizioni finanziarie senza riportare grandi sofferenze, dover ritirare offerte obbligazionarie e senza insolvenze. Se ci sono fattori di debolezza nel settore corporate in America, non sono ancora gravi.

 

Occorre monitorare le valutazioni del credito

Dobbiamo comunque monitorare le valutazioni del credito. Prendiamo per esempio il credito investment grade. È un’asset class che apprezzo dallo scorso anno e che ha riportato buone performance. L’indice ICE-Bank of America US Corporate Bond nel 2023 ha realizzato un rendimento complessivo del 3,7%, circa il 2,6% in più rispetto a un gruppo di titoli del Tesoro equivalente. Nel contempo, i tassi di interesse overnight sono in ascesa mentre la Fed continua la lotta contro l’inflazione. Il divario tra lo yield delle obbligazioni societarie e il tasso sui fed fund in questo momento è di circa 15 punti base (p.b.) e da febbraio è rimasto al di sotto di 50 p.b. Con la risalita dei tassi di interesse, gli spread di credito sono scesi. Attualmente la componente dello spread nello yield complessivo dell’indice delle obbligazioni societarie è del 21% circa, il livello minimo dalla metà degli anni 2000. Una stretta monetaria pensata per rallentare l’economia al fine di far scendere l’inflazione normalmente avrebbe portato a un aumento, non a un calo, dei premi per il rischio di credito.

 

Tassi long, copertura del rischio short?

Un hard landing che derivi dal rallentamento momentaneo della crescita in un contesto caratterizzato dalla stretta monetaria da parte della Fed potrebbe spingerci ad allontanarci dal credito per privilegiare i titoli di Stato relativamente meno rischiosi. Una riduzione dell’esposizione azionaria e high yield a favore della duration potrebbe funzionare. Come copertura, potrebbero funzionare anche le operazioni che beneficiano dell’aumento dei premi per il rischio e delle aspettative di un taglio dei tassi, qualora le probabilità di un hard landing dovessero aumentare. La volatilità è ridotta. L’indice VIX, ovvero l’indice della paura, è salito leggermente durante l’estate, ma a un prezzo di 15, l’indice è non stato molto più basso in base ai dati storici. Ed è bassa anche la volatilità del credito realizzata sulla base degli indici credit default swap (CDS). L’indice US CDX dei credit default swap investment grade in questo momento è prezzato a 62 p.b. rispetto a un minimo pre-Covid di 44 p.b. e al livello di 111 p.b. dello scorso settembre. Sul fronte dei tassi, il future sui tassi di interesse USA a tre mesi giugno 2024 lascia presagire tassi del 4,9% entro la prossima estate. Qualora l’hard landing ci fosse e l’inflazione continuasse a scendere, c’è la probabilità che i tassi a quel punto siano più bassi di così. 

 

Più alti più a lungo

Affinché ci sia un hard landing deve cambiare il comportamento di famiglie e imprese. Non appena sarà evidente, ci sarà un repricing dei mercati. Giocare d’anticipo è difficile. Dobbiamo invece studiare i dati e ascoltare quello che ci dicono le aziende. Anche in presenza dei continui segnali di un soft landing, è difficile credere che gli yield di un portafoglio di credito scendano molto al di sotto del tasso di interesse overnight. Il mercato americano scambia con un floor sui credit spread intorno ai 100 p.b. Se gli spread scendessero verso questo livello senza alcun cambiamento nello yield privo di rischio sottostante, si avrebbe un credit yield del 5,48% rispetto al tasso di interesse attuale sui fed fund del 5,5%. Avrebbe senso se i mercati, collettivamente, fossero convinti che i tassi di interesse scenderanno, mediamente, oltre la scadenza di un portafoglio di credito, ma ciò ci spingerebbe ad acquistare future sui tassi (oppure ad assumere una posizione al rialzo sulla duration). Più probabilmente, coi tassi di interesse più alti più a lungo, la crescita economica si indebolirebbe, offuscando le prospettive per i posti di lavoro e gli utili aziendali, e la capacità di rifinanziarsi senza gravare sulla situazione patrimoniale. In una recessione, i premi per il rischio aumenterebbero e le aspettative sui tassi di interesse scenderebbero.

 

Credito su, azioni giù: ecco il rischio di un hard landing

Le preoccupazioni sul fronte delle valutazioni relativamente ai tassi di interesse nel credito valgono anche per il mercato azionario. Secondo le previsioni attuali, l’indice S&P 500 scambia a un PE di 19 volte gli utili 2024.  Ciò si traduce in un rendimento azionario del 5,26% che è inferiore al tasso sui fed fund e allo yield delle obbligazioni societarie. Niente di che sul fronte del premio per il rischio azionario, e l’eventuale sovraperformance delle azioni in termini di rendimento complessivo dovrà arrivare dalla crescita degli utili. Potrebbe continuare così nel settore tecnologico, ma il mercato azionario più in generale verosimilmente faticherà a far crescere gli utili in uno scenario di hard landing. Storicamente, c’è una correlazione di 0,7 tra le oscillazioni dell’S&P 500 e gli spread di credito investment grade, e una correlazione leggermente più alta con gli spread high yield. Una crepa nel rischio, e tutto crolla.

 

Niente acciughe

Cambiando argomento, si fa sempre più riferimento al fenomeno climatico chiamato El Niño nell’Oceano Pacifico orientale. La temperatura del mare aumenta provocando cambiamenti atmosferici che normalmente generano siccità in Australia occidentale e in alcune zone del Sud-est asiatico, un clima più umido nelle regioni nord-occidentali dell’America Latina e, potenzialmente, un inverno più freddo del normale nell’emisfero nord. Ci sono anche evidenti implicazioni economiche, coi raccolti a rischio, compresa la produzione di grano in Australia e di caffè e cacao in America Latina. Finora i prezzi delle materie prime non riflettono i rischi, il prezzo a pronti del grano è in calo nelle ultime settimane. È un fenomeno che vale la pena di monitorare per gli effetti potenzialmente dirompenti sul costante calo dell’inflazione complessiva nel 2024. Quest’anno abbiamo già assistito a numerosi eventi climatici estremi e un El Niño potrebbe avere effetti devastanti in alcune delle regioni e delle comunità a rischio. I pescatori peruviani hanno già notato l’assenza di banchi di acciughe nelle aree di pesca tradizionali nel Pacifico per via dell’aumento della temperatura della superficie del mare. 

Le temperature estreme e le alluvioni devastanti, insieme ai possibili effetti di El Niño, saranno oggetto di dibattito alla COP28 di dicembre a Dubai. Durante lo scorso anno molti sembrano essersi stancati di parlare degli investimenti ESG che tengono conto dei fattori ambientali, sociali e di governance, pertanto speriamo che l’evento riporti l’attenzione sulla necessità di affrontare i cambiamenti climatici e sul ruolo che gli investitori possono avere. Si punterà sull’accelerazione degli interventi per ridurre le emissioni nel settore dell’energia, dove gli Emirati Arabi e altri Paesi del Golfo possono giocare un ruolo importante. Si parlerà anche di finanza e dei profitti in eccesso che i produttori di carburanti fossili hanno ottenuto a seguito dell’invasione della Russia in Ucraina. Sarebbe incoraggiante se venisse avanzata la proposta di utilizzare parte di quel denaro, in buona parte nelle mani di enti sovrani, per incrementare i finanziamenti per la transizione. Servirebbe una mano anche alle azioni del settore delle fonti di energia rinnovabili che negli ultimi due anni hanno perso terreno.

(Fonte di dati sulla performance: Refinitiv Datastream, Bloomberg). I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri.

 

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