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Ripartire dai diritti umani

  • 25 Agosto 2022 (3 min di lettura)

L'emergenza climatica li ha relegati in secondo piano, ma i diritti umani e in generale gli aspetti sociali stanno tornando protagonisti della finanza sostenibile. Ai nastri di partenza una vasta iniziativa di engagement sui diritti umani promossa da PRI. Intanto in Ue avanza la legge sulla due diligence.

 

La finanza sostenibile è oggi considerata sinonimo di finanza green, a causa dell'urgenza di affrontare la crisi climatica ed ecologica. Tuttavia si sta assistendo a livello internazionale a un ritorno dell'attenzione sulle questioni sociali, la "S" dell'acronimo ESG (che indica i criteri ambientali, sociali e di governance utilizzati dalla finanza sostenibile). In particolare è il tema dei diritti umani che sta tornando a essere prioritario per gli investitori sostenibili e responsabili.

 

PRI lancia "Advance"

PRI, l'iniziativa dei Principi per l'Investimento Responsabile promossa dalle Nazioni Unite (riunisce oltre 4mila firmatari da tutto il mondo, che complessivamente gestiscono asset per oltre 100mila miliardi di dollari), a fine 2021 ha lanciato un'iniziativa che sta diventando operativa in questi mesi. Si chiama Advance, è rivolta principalmente ai grandi investitori istituzionali (anche se è aperta a tutte le categorie dei firmatari PRI) e punta soprattutto su azioni di engagement: chiede infatti agli investitori di attivarsi in modo coordinato con le società investite, ma anche con altri attori come ad esempio i “decision-makers” a livello politico, per promuovere i diritti umani.

Gli obiettivi principali di Advance, relativi alle società su cui si focalizzerà l'engagement, sono tre: 1) piena attuazione dei Principi Guida delle Nazioni Unite su Imprese e Diritti Umani, approvati dal Consiglio Onu dei Diritti Umani nel 2011 e considerati le "barriere di protezione" della condotta delle imprese sui diritti umani; 2) allineamento del coinvolgimento politico delle imprese con la loro responsabilità di rispettare i diritti umani; 3) intensificazione dei progressi in relazione alle questioni più gravi collegate ai diritti umani, sia nell'operatività dell'impresa, sia lungo la catena di fornitura.

Inizialmente Advance, che ha una durata prevista almeno fino al 2027, ha preso in esame quindici settori economici nei quali il rischio di un impatto severo sui diritti umani è più rilevante. Ne ha poi selezionati due: Estrazione mineraria e Metallurgia, e Rinnovabili. All'interno di questi settori sono quindi state selezionate 40 società (25 del primo settore, 15 del secondo) con le quali verrà avviata l'attività di engagement. Resta comunque aperta la possibilità di aggiungerne altre nel momento in cui qualche società dovesse risultare oggetto di controversie particolarmente rilevanti sui diritti umani.

 

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Fonte: https://www.unpri.org/human-rights-stewardship-initiative

 

Gli altri network per i diritti umani

Oltre ad Advance, nell'ambito della finanza sostenibile esistono varie altre iniziative che insistono specificamente sul tema dei diritti umani. Fra le più importanti c'è la Investor Alliance for Human Rights, focalizzata anch'essa sull'engagement, che riunisce oltre duecento investitori di una ventina di Paesi, con oltre 10mila miliardi di patrimonio gestito. È stata promossa da ICCR (Interfaith Center on Corporate Responsibility), il maggiore network internazionale attivo nell'engagement sui temi di sostenibilità, che ogni anno redige una guida che passa in rassegna le risoluzioni presentate dai suoi membri nelle assemblee degli azionisti delle società quotate statunitensi: su 436 risoluzioni in totale, l'ultima edizione della guida registrava 59 risoluzioni su temi di diritti umani e del lavoro, 100 su temi di diversità e giustizia razziale.

In Europa è attivo il network Shareholders for Change, che nella promozione dei diritti umani e del lavoro ha una delle sue priorità d'azione. Finance Against Slavery & Trafficking è l'iniziativa promossa dal Liechtenstein in risposta agli appelli di Nazioni Unite, G7 e G20 per mettere la finanza al servizio della lotta contro le forme moderne di schiavitù e la tratta degli esseri umani: ha realizzato un manuale per guidare il settore finanziario ad affrontare questi drammatici fenomeni.

 

L'Ue propone la "due diligence"

Il mondo della finanza guarda inoltre con grande interesse anche a quanto sta accadendo sul tema dei diritti umani sul fronte giuridico. Gli occhi sono puntati in particolare sulla Commissione europea, che a febbraio di quest'anno ha avanzato una proposta di Direttiva sul dovere di diligenza (due diligence) delle imprese su diritti umani e ambiente. La proposta, che dovrà essere discussa dal Parlamento e dal Consiglio Ue, prevede per le imprese più grandi l'obbligo di integrare le proprie politiche di due diligence per tenere conto, oltre che di quello sull'ambiente, dell'impatto della loro attività (compresa la supply chain) sui diritti umani, con l'obiettivo di identificarli, prevenirli e mitigarli.

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