Punto sull'inflazione

  • 01 Aprile 2022 (3 min di lettura)

L’inflazione era già un tema scottante prima dell’invasione dell’Ucraina, ma la guerra aumenta il rischio che duri più a lungo, e le banche centrali non sono sufficientemente attrezzate per farvi fronte.

Se la guerra in Ucraina ha fatto lievitare i prezzi di molte materie prime, l’inflazione era già diffusa ben oltre il ristretto ambito di alimentari e petrolio, con l’inflazione core ai massimi degli ultimi decenni in molte economie avanzate. Manteniamo un posizionamento lungo in obbligazioni inflation-linked a breve termine, e non crediamo che l’inasprimento monetario metta a rischio la strategia, favorita dai generosi redditi che produrrebbe un eventuale crollo del prezzo del petrolio.

 

Le previsioni d’inflazione sono soggette a continue revisioni al rialzo, e il momento del picco viene spostato in avanti nel tempo

Se un anno fa si prevedeva che l’inflazione USA avrebbe raggiunto il picco del 3,5% nell’estate 2021, oggi ci aspettiamo che si avvicini al 9% entro l’estate del 2022. Le previsioni inflazionistiche sono cresciute nel corso di tutto l’ultimo anno, ma gli economisti di Bloomberg sono concordi nel considerare l’inflazione un fenomeno transitorio, e le loro previsioni per il 2023 sono in linea con i target delle banche centrali.

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Fonte: Bloomberg, al 31/03/2022.

 

In questo momento l’inflazione risente di problematiche legate al Covid, e i rischi a medio temine fanno pensare a una sua persistenza nel tempo

In gran parte l’inflazione che vediamo oggi è legata al Covid. Se i nuovi lockdown di questi giorni in Cina potrebbero aumentarne la durata rispetto a quanto si era previsto, sono tre i fattori che rischiano di far salire l’inflazione a medio termine, e la guerra in Ucraina non ha fatto che esacerbarli: 1/ una spesa fiscale strutturalmente più elevata, anche non tenendo conto dell’aumento della spesa militare, 2/ la guerra commerciale e la rilocalizzazione della produzione e, infine 3/ la rivoluzione verde o “greenflation”.

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Fonte: Bloomberg, al 31/03/2022.

 

Nonostante il rischio di un’inflazione più persistente e duratura di quanto previsto dagli economisti, il mercato sta prezzando una brusca decelerazione a partire dal 2023

Seppur convinti che l’inflazione rallenterà nella seconda metà dal 2022, c’è il rischio che questa decelerazione non sia così subitanea come si aspetta il mercato. Gli inflation swap al momento scontano un ritorno dell’inflazione negli Stati Uniti e nell’Eurozona verso il target delle banche centrali a partire da fine 2023. A nostro avviso si tratta di una previsione ottimistica, a meno che l’economia non entri in recessione.

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Fonte: Bloomberg & Front Office data, al 31/03/2022.

 

I dati mensili sull’inflazione, al momento estremamente elevati, si tradurranno in solide entrate per le obbligazioni inflation-linked. Per questo motivo, restiamo sovrappesati in linker a breve termine, che costituiscono un investimento adeguato per catturare un carry generoso, limitando al tempo stesso l’esposizione alla duration.

Non crediamo che, in questa fase, la normalizzazione delle politiche monetarie rappresenti un grande ostacolo, poiché i rendimenti dovrebbero essere sufficienti a compensare il potenziale impatto negativo sui prezzi. Teniamo sotto stretto controllo i prezzi petroliferi che, in caso di crollo, spingerebbero al ribasso sia i rendimenti che l’inflazione.

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