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Cosa possono fare gli investitori contro l'invasione della plastica

  • 12 Gennaio 2022 (5 min di lettura)

L'impatto devastante della plastica e delle microplastiche sul pianeta ha raggiunto livelli critici. Per esempio, oggi la massa totale delle materie plastiche presenti nell'ambiente è più del doppio della massa di tutti i mammiferi viventi. E non possiamo sperare di sbarazzarcene molto presto – circa l'80% di tutte le materie plastiche prodotte dall'uomo non si decompone e rimane a lungo nelle nostre città, nelle campagne e nei mari.

È un problema che assilla i governi e una questione spinosa per gli investitori responsabili. Ma, infine, ce ne stiamo occupando seriamente. Già nel 2017, le Nazioni Unite dichiaravano “Guerra alla plastica negli oceani”, ed è facile capire perché. Se non cambieremo le nostre abitudini, di qui al 2030 la quantità di plastica riversata negli ecosistemi acquatici potrebbe arrivare a circa 53 milioni di tonnellate l'anno, circa il doppio del livello che si registrava nel 2016. Si calcola che il costo economico totale dell’inquinamento da plastica negli oceani, incluso l'impatto sul turismo, sull'industria ittica e sull'acquacoltura, con l'aggiunta dei costi connessi agli interventi per ripulire i mari dai rifiuti, abbia globalmente raggiunto un valore di 6-9 miliardi di dollari nel 2018, e le proiezioni dei rischi finanziari per le imprese ipotizzano fino a 100 miliardi di dollari l'anno entro il 2040.1

I prossimi anni saranno cruciali per la mitigazione dell'inquinamento da plastica. A marzo di quest'anno le Nazioni Unite hanno approvato il primo trattato mondiale sull'inquinamento da plastica, con l'obiettivo di porre fine al problema attraverso la definizione di uno strumento giuridicamente vincolante a livello internazionale entro il 2024. La risoluzione storica, che riguarda l'intera catena del valore della plastica, i cui effetti pesano sull'uomo e sulla natura, è stata approvata da 175 nazioni.2 Questa accelerazione sul tema dovrebbe trovare riscontro anche nel settore privato, il che avrebbe evidenti implicazioni e potrebbe aprire potenziali opportunità per gli investitori.

Le imprese saranno il cardine della possibile trasformazione delle economie dipendenti dalla plastica. Secondo un importante rapporto del 2020 della società di ricerca Pew, questa trasformazione dovrebbe essere massiccia e comportare una revisione generale del sistema mondiale della plastica del valore di 600 miliardi di dollari (e fino a 1.200 miliardi di dollari secondo la stima del World Economic Forum) – riutilizzo e riciclo della plastica nel contesto di un'economia circolare, insieme ad altri cambiamenti di più piccola entità, tra cui soluzioni basate su bioplastiche.

Se si adottassero alcune delle importanti misure proposte nel rapporto, Pew stima che, nei prossimi vent'anni, si potrebbero ridurre i flussi di materie plastiche dell'80%. È arrivato il momento di agire. Per riuscirci in modo efficace è importante enunciare in modo chiaro i rischi ambientali, sociali e di governance (ESG) connessi all'inquinamento da plastica, ma anche identificare i vantaggi delle potenziali soluzioni per aumentare l'efficienza delle economie e per favorire alternative innovative rispetto all'uso delle materie plastiche convenzionali. Ed è proprio qui che gli investitori possono supportare il processo, beneficiando eventualmente di un tema potente integrato nella ricerca, su scala mondiale, di un modello economico più sostenibile.

Focus N. 1: L'impatto dei prezzi del petrolio sulle materie plastiche

Il petrolio greggio è un importante fattore produttivo utilizzato per la fabbricazione di prodotti chimici organici, a loro volta impiegati come fattori produttivi per beni più lavorati come i prodotti realizzati in materiali plastici. Le variazioni dei prezzi petroliferi si riflettono perciò anche sui prodotti in plastica. L'Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) ha previsto che, a fronte di una riduzione di altri utilizzi, il settore petrolchimico potrebbe rappresentare più di un terzo della crescita della domanda di petrolio entro il 2030. Si stima che, solo per gli Stati Uniti, si utilizzano circa 12 milioni di barili di petrolio l'anno per produrre buste di plastica.

I settori industriali in gioco

Secondo un recente studio condotto da J.P. Morgan, un aumento del prezzo del petrolio e, di conseguenza, dei derivati del petrolio e delle materie plastiche, può avere effetti non trascurabili sui profitti societari in diversi settori, inclusi il settore alimentari e bevande e il settore auto. Morgan stima che, per le case automobilistiche, i prodotti in materiale plastico possono rappresentare circa il 50% di tutti i componenti utilizzati.

 

L'impronta ESG delle materie plastiche

Plastica e clima: La stragrande maggioranza delle materie plastiche deriva da materiali basati su combustibili fossili, come l'etilene e il propilene. L'impronta di carbonio delle materie plastiche comprende pertanto anche il processo di estrazione e trasporto del petrolio e del gas, oltre ai connessi processi produttivi. Secondo il World Wildlife Fund, il 4% della produzione annua mondiale di petrolio è destinato alla produzione di plastica, e un altro 4% finisce nel processo di raffinazione. L'uso crescente di materiali plastici nel mondo contribuisce ad aumentare la domanda di combustibili fossili, imprimendo una forte accelerazione al processo di cambiamento climatico.

Focus N. 2: Un nuovo tipo di crediti di carbonio e la compensazione delle materie plastiche

Recentemente, come fanno notare gli analisti di Barclays, agli impianti di riciclaggio dei rifiuti di plastica sono stati attribuiti crediti di carbonio in riconoscimento del loro contributo in termini di "emissioni evitate". Alcune società possono rilasciare grandi quantità di crediti di carbonio sul mercato della compensazione volontaria delle emissioni per le loro attività di riciclaggio di polietilene tereftalato (PET), un materiale plastico normalmente utilizzato per il packaging di alimenti e bevande.

Ma si pone una questione cruciale: questo sistema per incoraggiare il riciclaggio del PET sarà più efficiente di un sistema mirato alla "compensazione della produzione di materie plastiche" che incentivi a ripulire gli ambienti naturali dalla plastica? In un mercato del carbonio maturo/formalizzato potrebbe essere più motivante per le aziende utilizzare crediti di carbonio basati sul riciclaggio del PET. L'emissione di ‘plastic credit’ potrebbe così diventare una soluzione complementare. Ma sarebbe necessario assicurare che la compensazione della produzione di materie plastiche contribuisca a ridurre la produzione di plastica da combustibili fossili, e non semplicemente a coprire nuovi aumenti nella domanda di plastica.

 

Plastica e biodiversità: AXA IM ha già messo in luce gli impatti negativi dell'inquinamento da plastica sulla fauna selvatica. Tra i dati più sconvolgenti, da alcune ricerche citate del Parlamento europeo risulta che, entro il 2050, il peso di tutta la plastica presente negli oceani potrebbe superare il peso di tutto il pesce. Secondo il "Secondo rapporto di valutazione degli oceani di tutto il pianeta delle Nazioni Unite", fino all'80% dei rifiuti rinvenuti sulle spiagge sono plastica, che ogni anno viene riversata in mare dai fiumi in una quantità stimata di 115 –2,41 milioni di tonnellate. Il rapporto evidenzia inoltre come è stata rilevata la presenza di plastica in più di 1.400 specie marine.

Inoltre, il tempo di decomposizione della plastica è lunghissimo (in discarica può arrivare a 1.000 anni), con il rischio di infiltrazione di sostanze potenzialmente tossiche nei terreni e corsi d'acqua circostanti, con un conseguente pesante impatto a lungo termine sugli ecosistemi terrestri, acquatici e marini, e più in generale sulla biodiversità.3

Materie plastiche e salute pubblica: La plastica non viene ingerita solo dalla fauna marina – uno studio ha rivelato che una persona ingerisce mediamente cinque grammi di plastica la settimana, l'equivalente di una carta di credito. È stata inoltre rilevata la presenza di microplastiche nell'acqua imbottigliata e nei pesci destinati al consumo umano. Le potenziali conseguenze dell'ingestione di plastica non sono ancora state studiate in modo approfondito ma, per colmare questo vuoto di conoscenza, l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha chiesto di analizzare i potenziali impatti delle microplastiche sulla salute dell'uomo. La ricerca su questo aspetto specifico è in corso, ma uno studio più ampio già pubblicato ha calcolato che, nei paesi in via di sviluppo, muore ogni anno un numero di persone compreso tra 400.000 e un milione di unità per malattie causate dai rifiuti. Questo dato illustra le implicazioni dell'inquinamento da plastica per importanti questioni di giustizia sociale, con impatti sulle comunità più vulnerabili lungo l'intera catena di valore della plastica – dall'estrazione dei combustibili fossili fino ai potenziali problemi di salute dei consumatori lungo la catena idrica e alimentare.

Focus N. 3: La plastica monouso

Oggi si producono circa 400 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica ogni anno, quasi l'equivalente del peso di tutta la popolazione umana. Dei sette miliardi di tonnellate di rifiuti di plastica generati fino a oggi su scala mondiale, la quota riciclata è meno del 10%. Secondo alcuni studi, almeno il 40% del consumo annuo di plastica è costituito da prodotti monouso.

Tra i rifiuti in plastica monouso, i 10 più presenti sulle spiagge europee rappresentano il 70% di tutti i rifiuti marini nell'Unione europea (UE). Si tratta di: bastoncini cotonati; posate, piatti, cannucce, etc.; palloncini gonfiabili e aste per palloncini; contenitori di alimenti; bicchieri e contenitori di bevande; mozziconi di sigaretta; pellicole, buste e sacchetti in plastica; salviettine igieniche e articoli sanitari.

 

Esplorazione delle opportunità

Questi fattori rappresentano rischi ESG per gli investitori – rischi che fanno eco a quelli legati al cambiamento climatico, ma con caratteristiche proprie e distinte. Governi e organismi sovranazionali hanno ben chiara l'urgenza di agire sull'economia della plastica. Altrettanto chiaramente, per ridurre la produzione di plastica, in particolare di articoli monouso, e per incentivare il riciclo, saranno necessarie ingenti risorse e una mobilitazione su scala globale. Le autorità possono dare il via alla transizione, ma perché il motore continui a girare, dovrà essere alimentato dal settore privato.4

Oggi le aziende possono adottare misure finalizzate a ridurre l'uso delle materie plastiche in singole operazioni; queste misure, se applicate più diffusamente, potrebbero ridurre la dipendenza dalla plastica di interi settori. Abbiamo individuato tre principali pilastri di azione che, se applicati su vasta scala, potrebbero contribuire a un cambiamento sistemico in diversi comparti industriali lungo l'intera catena del valore della plastica:

Focus N. 4: Due parole sulla regolamentazione delle materie plastiche

Europa, India, Cina e Corea del Sud sono i primi tra i grandi mercati intervenuti per mettere al bando la plastica monouso. Per quanto riguarda l'UE, la direttiva sulle plastiche monouso (SUP, Single Use Plastic) mira a “prevenire e ridurre l’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente e sulla salute umana” oltre che a promuovere la transizione verso un’economia circolare.

La legge francese contro i rifiuti rinforza il principio che "chi inquina paga" e mette in campo nuovi strumenti finalizzati a migliorare il controllo e la punizione dei reati ambientali e a supportare le imprese nelle iniziative di ecodesign.

La bozza di rapporto sulla tassonomia UE evidenzia come gli imballaggi rappresentino il principale ambito di utilizzo della plastica, ma anche la fonte principale di rifiuti di plastica nell'Unione. La bozza affronta in particolare la questione della fabbricazione degli imballaggi in plastica, introducendo i criteri di utilizzo circolare della materia prima (plastica riciclata o bioplastica, ecc.) oltre alla progettazione finalizzata al riciclaggio e al riutilizzo nella pratica.

 

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Focus N. 5: L'economia circolare della plastica come opportunità fondamentale

Stando ad alcune stime della Fondazione Ellen MacArthur, di qui al 2040 l'economia circolare potrebbe riuscire a:

  • ridurre dell'80% il volume annuale della plastica dispersa negli oceani
  • ridurre le emissioni di gas serra del 25%
  • generare risparmi di 200 miliardi di dollari l'anno
  • creare 700.000 nuovi posti di lavoro netti

 

La riduzione e l'ottimizzazione dell'uso della plastica resta un elemento fondamentale (sebbene parecchio impegnativo) di qualsiasi cambiamento sistemico. Un'altra possibile opportunità di transizione per gli investitori va vista nel riciclaggio della plastica. In base a uno studio, solo il 9% circa della plastica presente nel mondo viene riciclato; il vuoto da colmare è enorme e potrebbe essere un importante fattore di remuneratività per molte imprese. Il riciclaggio è un processo complesso, che si articola in diverse fasi, da quella di selezione del materiale e progettazione del prodotto a una fase di smaltimento efficace e responsabile (raccolta-> trasporto-> processo) e, infine, al riutilizzo in nuovi prodotti. L'industria può intervenire in ognuna di queste fasi, da un lato con l'espansione delle attività di raccolta e cernita e, dall'altro, ottimizzando il riciclaggio ed estendendolo anche a materiali plastici più complessi. Un riciclaggio efficiente della plastica è fondamentale per conservarne il valore di materia prima, elemento essenziale per la transizione a un'economia della plastica più circolare e sostenibile. 

La Ellen MacArthur Foundation, finanziata da imprese del settore privato, enti pubblici e organizzazioni benefiche e specializzata nella conduzione di campagne, ha proposto una visione di economia circolare della plastica per dimostrare che il cambiamento è possibile. La strategia introduce l'idea che tutti gli oggetti in plastica che utilizziamo dovrebbero restare nell'economia e fuori dall'ambiente (facendo circolare all'infinito le materie plastiche). Così la plastica usata acquisterebbe nuovamente valore grazie alla reimissione nell'economia come materia prima per un utilizzo sostenibile. Troverebbe infine posto tra le alternative alla plastica che stanno emergendo sempre più numerose, contribuendo così alla tanto agognata riduzione della produzione di nuova plastica.

 

Dai rifiuti di plastica a una nuova economia della plastica

Cresce la domanda dei settori industriali di alternative alla plastica vergine.5 Le società che producono beni di consumo confezionati si pongono sempre più spesso obiettivi di aumento del contenuto di plastica riciclata o di materiali alternativi nei propri prodotti, puntando ad accelerare il riciclaggio e a ridurre i volumi del packaging. Un certo numero di società, che rappresentano il 20% di tutti gli imballaggi in plastica prodotti nel mondo, si sono impegnate a stabilire obiettivi di riduzione complessiva delle confezioni in plastica e/o del contenuto di plastica vergine – nel contesto di un'iniziativa condotta dalla Ellen MacArthur Foundation e dal Programma ambientale delle Nazioni Unite. Le richieste degli stakeholder, inclusi gli investitori responsabili, inducono le imprese a studiare più a fondo l'impatto dei propri prodotti, e ispirano la pubblicazione di dati sulle emissioni indirette di gas serra di Ambito 3 e sui connessi sforzi di riduzione delle emissioni. L'approccio rispetto alle emissioni di Ambito 3 non è uniforme tra le imprese.6 Sono sempre più numerose, nel frattempo, le grandi aziende produttrici di beni di consumo che sottoscrivono accordi di fornitura con società di servizi nell'economia circolare, ad esempio con aziende che offrono tecnologie e processi proprietari di riciclaggio della plastica.

Dei quasi 7,6 miliardi di tonnellate di rifiuti di plastica prodotti su scala mondiale negli anni Cinquanta, più di sei miliardi di tonnellate si trovano ancora nelle discariche o nell'ambiente. I rifiuti di plastica si possono ancora considerare una materia prima sottoutilizzata, con solo il 9% circa di tutti i rifiuti di plastica mai prodotta conferiti al riciclaggio. Vi sono però alcune tendenze in atto che indicano una crescente massificazione (commoditisation) dei rifiuti in plastica, che potrebbe contribuire ad affrontare il problema dell'inquinamento incontrollato – in breve, dal punto di vista economico non ha senso gettare un materiale dal potenziale prezioso.

Diversi attori lungo l'intera catena di valore della plastica definiscono e danno forma all'economia dei rifiuti di plastica. Alcuni paesi, attraverso nuove norme o con la tassazione della plastica vergine, stanno gradualmente cercando di incentivare il riciclaggio e incoraggiano la diffusione di materiali alternativi.7 Anche il sistema di tassazione della plastica applicato nell'Unione europea dovrebbe incoraggiare gli utilizzatori residenti ad adottare nuove prassi.[6] Molti paesi – inclusa la Francia – esportano i propri rifiuti verso altre nazioni emergenti. La commoditisation dei rifiuti di plastica dovrebbe però contribuire a fare aumentare i tassi locali di riciclaggio, trasformando i rifiuti da sottoprodotti delle attività economiche a risorsa sostenibile a tutti gli effetti. Affinché l'opera funzioni e porti effettivamente alla circolarità, è necessario aumentare con decisione la capacità di raccolta differenziata, riciclo e trattamento.

Il settore della gestione dei rifiuti avrà probabilmente ancora bisogno di capitali per aumentare la capacità di riciclaggio locale e per sviluppare modalità più efficienti di riciclo della plastica. La raccolta meccanica e il riciclaggio continueranno a rappresentare i metodi più comuni, ma vi sono sviluppi positivi a livello di tecniche chimiche e di metodi di riciclaggio alternativi, come i processi di riciclaggio enzimatico.8 Le aziende coinvolte in queste innovazioni stanno cercando di consolidare la propria capacità e di rendere sostenibili le loro tecnologie non appena tecnicamente possibile. Osserviamo inoltre alcuni sviluppi in fase iniziale di tecnologie waste-to-fuel, come la liquefazione dei rifiuti di plastica per produrre combustibile o per l'estrazione di idrogeno. Ma gli attuali processi di riciclo chimico richiedono alte temperature, e pertanto molta energia, caratteristica che, per il momento, li rende costosi e inefficienti.

Il problema globale dei rifiuti di plastica ha riacceso l'interesse per i materiali alternativi. Aumenta costantemente l'utilizzo del vetro e dell'alluminio, due materiali tra i più riciclati. Questi materiali presentano diversi vantaggi e qualche svantaggio, ma anche le aziende di questo settore stanno lavorando alla circolarità. Per esempio, l’utilizzo di vetro riciclato per produrre nuovi manufatti consente un forte risparmio di energia rispetto al processo di fusione della materia prima. Questo passaggio consente ai produttori di vetro di ridurre le emissioni di gas serra di Ambito 1 e i costi di gestione connessi ai consumi energetici. Per quanto riguarda il packaging, stanno nascendo soluzioni alternative costituite da prodotti a base di cellulosa e carta, oltre alle bioplastiche. Ma anche queste alternative, in particolare le bioplastiche, presentano qualche criticità.

Nuove bioplastiche stanno emergendo dalla grande quantità di materie prime utilizzate per offrire soluzioni in svariati settori, tra cui packaging, vernici e resine, apparecchiature medicali. L'uso di materie prime naturali e rinnovabili è uno dei principali attributi di questi polimeri. Alcuni offrono livelli qualitativi comparabili e proprietà barriera analoghe alle plastiche di uso comune derivate da combustibili fossili (PET). Ma un aumento significativo della produzione potrebbe implicare anche impatti accelerati sull'uso del suolo e sul consumo idrico necessari ad assicurare una disponibilità sufficiente di materia prima, dato che la produzione si basa esclusivamente su materiali vergini.

Alcuni produttori di bioplastiche vantano le capacità di decomposizione ottimizzate dei loro prodotti. Le soluzioni variano e alcune bioplastiche possono biodegradarsi negli impianti di compostaggio industriale, ma anche con il compostaggio domestico, altre possono persino biodegradarsi negli ambienti naturali molto più velocemente delle plastiche derivate dal petrolio. Tuttavia, queste variabili possono rendere più difficile il corretto trattamento dei rifiuti di bioplastica che, fino a questo momento, sono raramente conferiti a riciclo. Per biodegradarsi in modo efficace, le bioplastiche devono trovarsi in ambienti specifici e controllati, e non disponiamo ancora di una sufficiente e adeguata capacità di trattamento.

Le aziende produttrici stanno lavorando per accelerare il processo di biodegradazione, per ricorrere a materie prime naturali alternative (colture di copertura, residui della biomassa e zuccheri secondari), oltre che per accelerare il riciclo. A fronte della crescente domanda di soluzioni di questo tipo,9  crediamo che gli investitori possano trovare diverse opportunità di dare supporto alla tanto ambita revisione generale del sistema mondiale della plastica.

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