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La Versione di Iggo

Verso la parità

  • 13 Maggio 2022 (7 min di lettura)

Gli yield obbligazionari sono ancora bassi rispetto all’inflazione e ai dati storici. Non si intravede una fase rialzista per il reddito fisso. I prezzi delle obbligazioni si trovano però sui minimi in diversi anni. Ciò significa che ci sono le potenzialità per ottenere rendimenti interessanti durante il prossimo anno. Abbiamo assistito a profondi sell-off e dopo le fasi precedenti di ribasso i rendimenti sono stati robusti. Pertanto, non è il momento di vendere. Nei mercati azionari, la svalutazione continua e in qualche segmento del mercato è stata radicale. In generale stiamo per entrare in una fase di correzione del mercato ribassista. È difficile definirla una svolta, tuttavia se l’economia iniziasse a mostrare concreti segnali di rallentamento, le obbligazioni salirebbero, il dollaro rallenterebbe e alla fine le azioni recupererebbero. Se non altro, i mercati resteranno molto interessanti.

 

Meglio non tagliare la corda

Chi mi legge con regolarità sa che ho cercato di rispondere alla domanda: quando è il momento di tornare sul mercato? Almeno per le obbligazioni. Nelle ultime settimane ho suggerito di rientrare gradualmente a fronte del rialzo degli yield. Questa settimana ho ribadito la mia idea con i colleghi e a una conferenza a cui ho partecipato. In poche parole, non è un buon momento per abbandonare i mercati obbligazionari.

 

I prezzi scendono

In effetti, dopo averne parlato coi colleghi, c’è stato un rally dei mercati. Ciononostante, sono ancora convinto che sia la strada giusta, almeno dal punto di vista tattico. Il punto è che i prezzi obbligazionari sono scesi molto. Lo vediamo a livello dell’indice. Alcuni fornitori di indici calcolano un prezzo medio ponderato per tutte le obbligazioni nell’indice. Negli ultimi anni, il prezzo medio è stato ben oltre 100 poiché i tassi di interesse sono scesi al di sotto del tasso cedolare a cui le obbligazioni erano state emesse. In effetti, il divario tra yield-to-maturity e cedola ponderata è sceso al minimo record (yield assai inferiori alle cedole). Oggi avviene l’opposto e i prezzi sono scesi di conseguenza. Ciò significa che, sia che si replichi un indice o si costruisca un portafoglio più concentrato, c’è l’opportunità di acquistare numerose obbligazioni ben al di sotto del valore nominale. Nel presupposto che la maggior parte di questi titoli venga rimborsata a 100, il rendimento può essere significativo quando il mercato invertirà la tendenza. Una delle meraviglie per chi investe in obbligazioni, come l’interesse composto, è l’effetto pull-to-par in cui il prezzo di un'obbligazione converge al valore nominale con il passare del tempo.

 

Prezzi a livelli insoliti

Facciamo qualche esempio. Una delle sottocategorie di investimento obbligazionario che preferisco nel lungo periodo è l’high yield Usa. Usando come riferimento l’indice Bank of America/ICE, il prezzo medio è sceso recentemente a 90,6. Non è accaduto molte volte negli ultimi 20 anni in cui il prezzo era più basso: lo shock del COVID nel 2020 (minimo a 78), i timori per la crescita nel 2015 (minimo a 84), la crisi finanziaria globale nel 2008-09 (minimo a 55) e la recessione dopo la frenata nel 2000 (minimo a 75). Ogni volta, il rendimento dopo 12/24 mesi è stato molto robusto. I prezzi possono scendere ma non resteranno bassi. Certamente il rischio d’insolvenza sta aumentando, però con una selezione dei titoli attiva si può contenere il rischio a livello del portafoglio. Ci sono numerosi esempi di prezzi obbligazionari bassi, persino nel mercato dei Treasury che ha risentito delle previsioni di una stretta monetaria da parte della Federal Reserve. L’indice a 7-10 anni scambia a un prezzo medio ponderato di 87,8, un minimo record per quel particolare indice.

 

100 è il numero magico

“Ma gli yield sono ancora bassi”, vi sento rispondere. È vero e nella maggior parte dei casi sono inferiori al tasso d’inflazione attuale. Il punto è che le obbligazioni si avvicinano a 100 man mano che si avvicina il momento del rimborso. A livello dell’indice, i rendimenti beneficeranno di questo costante pull-to-par e le nuove obbligazioni saranno emesse a 100 (con cedole più elevate). Dunque, il prezzo medio sale. Se le aspettative sui tassi di interesse iniziassero a diminuire, spingerebbero i prezzi ancora al rialzo. Il rendimento complessivo potrebbe superare di molto l’inflazione nei prossimi due anni, anche se lo yield-to-maturity (che rappresenta il rendimento complessivo annualizzato per la durata restante dell’obbligazione) non sembra spingerci in tale direzione.

 

Il picco dei tassi non è ancora chiaro

C’è scarso consenso perché non c’è convinzione sul fatto che le aspettative sui tassi abbiano già toccato il livello massimo. I tassi di interesse sono oltre le medie degli ultimi anni e potrebbero restare più alti. Potrebbe volerci più tempo per un rally dei prezzi. Nel medio termine forse dovremmo dirigere l’attenzione verso gli strumenti a reddito fisso che possono generare reddito positivo in termini reali. Per esempio, il credito a più basso rating e qualche titolo a tasso variabile dove i fondamentali di credito restano solidi. Credo altresì che, a fronte di yield più elevati, le obbligazioni più sicure (titoli di Stato) possano offrire una buona copertura per il portafoglio. Non ci sono segnali in grado di convincermi che non ci sia più la strutturale correlazione negativa tra il rendimento della duration (titoli di Stato di alta qualità) e quello degli strumenti più esposti al rischio (sovrarendimento del credito e rendimento complessivo delle azioni). La migliore copertura è una duration lunga (titoli del Tesoro, Gilt o Bund trentennali) per la componente di rendimento del credito in un portafoglio obbligazionario o la componente azionaria di un portafoglio multi-asset. Se gli yield obbligazionari sono più alti, possono scendere di più quando i mercati sono preoccupati per una recessione, e più lunga è la duration dell’obbligazione, maggiore sarà il rendimento complessivo.

 

Giù e su

C’è scarsa convinzione sulle tempistiche di un rally consistente poiché la Fed potrebbe continuare con la stretta monetaria e l’inflazione potrebbe salire ancora per qualche mese. Le aspettative del mercato relativamente al picco dei tassi di interesse potrebbero salire nuovamente. Comunque, il profilo di rendimento resta lo stesso, ci vorrà solo un po’ più di tempo. Il mercato delle obbligazioni societarie USA ha riportato un rendimento complessivo negativo negli anni 1979, 1994, 1999, 2008, 2013, 2015 (contenuto) e 2018, e ogni volta l’anno successivo è stato molto positivo. Il rendimento è stato negativo anche nel 2021, quest’anno potrebbe essere l’eccezione e quindi non esserci un rimbalzo dato che ci troviamo in una fase di cambiamento nel ciclo dei tassi di interesse. Tuttavia, ciò rafforza l’idea che ci attendono rendimenti positivi in futuro.

 

Azioni ancora al ribasso

La svolta nell’azionario è più difficile da prevedere perché non è ancorato alle valutazioni come il reddito fisso. Questa settimana l’indice S&P500 è sceso al di sotto di 4.000. Qualche mese fa scrissi che il mio semplice modello dei premi per il rischio indicava che il mercato sarebbe sceso al di sotto di questo livello sulla base dell’aumento degli yield dei titoli del Tesoro. Al momento pensavo a un rendimento obbligazionario del 2,5%, ma per le azioni era ancora sotto i 4.000 dell’indice. Finora le stime sugli utili a termine non sembrano peggiorate. Se ciò dovesse accadere a fronte del rallentamento dell’economia (attenzione all’indice ISM), allora i prezzi azionari potrebbero scendere ancora. In tal caso, rafforzerebbero la mia view più positiva per le obbligazioni.

 

Per ora, dollaro ancora forte

Chiudo con il dollaro. È evidente che la forza del dollaro, i prezzi elevati delle commodity e i tassi di interesse negli Stati Uniti siano correlati inestricabilmente. Le persone hanno bisogno di più dollari per pagare beni che hanno un prezzo più elevato (in dollari). Chi specula scommette in dollari sui differenziali di interesse. La situazione probabilmente non cambierà finché non ci sarà un’inversione di tendenza dei prezzi delle commodity, il che indicherebbe che l’inflazione ha toccato il picco, oppure finché la Federal Reserve non adotterà un approccio più accomodante. Nel frattempo, va bene agli Stati Uniti più che al resto del mondo che importa inflazione. L’inflazione dei prezzi alla produzione in Europa è oltre il doppio del tasso annuale negli Stati Uniti. Non sorprende dunque che la BCE intenda alzare i tassi a luglio, anziché aspettare. Anche i mercati emergenti risentono della forza del dollaro poiché fa salire l’inflazione e i tassi di interesse. Non fa bene alla crescita e accresce le preoccupazioni sociali correlate ai prezzi degli alimentari e dell’energia, come abbiamo visto chiaramente in Sri Lanka. È troppo presto scommettere contro il dollaro, ma quando la crescita rallenterà e il ciclo dei tassi cambierà, il dollaro probabilmente scenderà da questi livelli molto alti. Rispetto alle altre principali valute non è così forte come in passato, ma lo è rispetto agli ultimi anni, l’andamento storico indica che ciò che sale prima o poi scende (guardate cos’è successo al Bitcoin!).

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