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La Versione di Iggo

Il mondo reale

  • 21 Gennaio 2022 (5 min di lettura)

A gennaio io e mia moglie abbiamo avuto il COVID. I mercati sono scesi e potrebbe scoppiare una guerra in Europa dell’est. Scusatemi se vi sembro un po’ scontroso. D’altra parte, il mercato obbligazionario forse non dovrà più preoccuparsi così tanto dell’approccio sempre meno accomodante della Federal Reserve. Le valutazioni sui mercati azionari sono più favorevoli (anche se non sono ancora abbastanza convenienti per i più ribassisti). Potrebbe andare peggio. Immaginatevi di aver acquistato Bitcoin per 68.000 dollari e aver perso il 58%. Nonostante tutti i suoi difetti, preferisco di gran lunga il mondo reale.

Correzioni

I mercati stanno subendo qualche profonda correzione. Ho fatto un calcolo delle valutazioni dell’indice total return alla chiusura dei mercati il 20 gennaio e le ho confrontate con i massimi degli ultimi dodici mesi per una serie di titoli azionari e obbligazionari. L’indice Nasdaq Composite ha perso l’11,8% rispetto al livello massimo, l’indice S&P growth ha perso il 10,8%. Nel reddito fisso il mercato ha raggiunto i picchi prima rispetto agli indici azionari, comunque l’ampiezza delle oscillazioni è stata notevole. Un indice che rappresenta le scadenze decennali e oltre del mercato dei Treasury è sceso dell’8,9%, mentre un indice rappresentativo dei Gilt britannici è sceso complessivamente del 7,8% in termini del rendimento complessivo. Le migliori performance, in termini relativi, si concentrano negli strumenti a reddito fisso meno sensibili all’andamento dei tassi di interesse (i prestiti a effetto leva sono stabili, il segmento high yield USA a breve scadenza ha perso solamente lo 0,43%, le obbligazioni europee indicizzate all’inflazione sono inferiori ai picchi di meno del 2% sulla base dell’indice total return). Gli indici azionari con le migliori performance sono stati il FTSE-100 e i principali indici europei come lo Stoxx 50 e 100. I titoli value stanno facendo meglio di quelli growth, quelli a basso rischio meglio di quelli a beta elevato.

Quanta strada?

Le valutazioni sono in fase di correzione e i premi per il rischio stanno salendo. Ciò è attribuibile chiaramente all’imminente stretta monetaria, al deterioramento del rapporto tra crescita e inflazione e all’intensificarsi delle tensioni geopolitiche. Relativamente alle aspettative di politica monetaria, probabilmente abbiamo fatto tanta strada, oggi si prevedono quattro rialzi dei tassi da parte della Fed nel 2022 e altri tre nel 2023. Mi sembra gestibile per l’economia globale e i mercati finanziari; dopo tutto significa che la banca centrale americana ci metterà circa due anni per annullare i tagli ai tassi di interesse fatti in meno di due settimane a marzo 2020.
Se i prezzi del mercato sono corretti, i tassi di interesse dovrebbero tornare al punto in cui erano alla vigilia della pandemia, niente di più.  Dubito inoltre che la Fed, nello stesso periodo di tempo, ridimensioni la situazione patrimoniale oltre i livelli di marzo 2020, circa 20% del Pil. Certamente ci sarà una contrazione delle condizioni finanziarie, però non stiamo parlando di una stretta come quella di Volcker.

Un po’ di duration?

Il mercato obbligazionario mostra già qualche segnale di stabilizzazione, almeno temporaneamente, e forse il grosso è stato fatto. Ritengo ancora possibile uno scenario in cui gli yield nominali sui titoli del Tesoro salgono al 2,5% come target intermedio in questo ciclo, con gli yield reali intorno allo 0% e un’inflazione di breakeven tra il 2,25% e il 2,50%. Il mercato del reddito fisso viene però inondato di ricerche trite e ritrite che prevedono un rialzo degli yield. Potrebbe accadere, ma presumibilmente non in modo lineare. Mentre i mercati attendono gli interventi della Fed, nella consapevolezza che l’inflazione resti ancora intorno al 6-7%, gli yield più alti potrebbero tentare qualche acquirente. Nonostante la previsione di un rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve, lo yield del reddito fisso USA con copertura in euro, yen o franchi svizzeri, è ancora di gran lunga più alto rispetto agli yield disponibili sui mercati locali (nonostante i Bund abbiano oltrepassato la soglia dello zero la settimana scorsa).

Rischio guerra

Oltre all’inflazione e ai tassi di interesse, i mercati stanno monitorando la situazione al confine tra Russia a Ucraina. Non riesco assolutamente a credere che i mercati siano in grado di prevedere quel che accadrà. Molto semplicisticamente, l’esito può essere solo binario (la Russia invade l’Ucraina oppure no), tuttavia resta la questione su come dovrebbero reagire i mercati. Naturalmente, gli strumenti considerati sicuri registrerebbero ottime performance, le azioni crollerebbero per via dei rischi per la crescita economica, e il dollaro salirebbe rispetto all’euro perché una guerra in Ucraina sarebbe un problema inizialmente per l’Europa (rifugiati, nuovi aumenti del prezzo del gas naturale, necessità di una risposta unificata da parte dell’UE). Poi la situazione si complicherebbe però rapidamente per quanto concerne la reazione dell’Occidente, la brutalità del conflitto, il coinvolgimento o meno della Bielorussia, oltre a eventuali sanzioni finanziarie o economiche e le reazioni di entrambe le parti.  

Senza ghiaccio

La Russia non vuole la NATO alle porte, cosa che accadrebbe se l’Ucraina entrasse a far parte dell’alleanza atlantica. C’è una scuola di pensiero convinta che tra le ambizioni politiche della Russia, da moltissimi anni, ci sia quella di assicurarsi l’accesso a un porto che non ghiaccia mai durante l’anno per la sua marina militare. Secondo molti commentatori occidentali, questa è la ragione dell’annessione della Crimea nel 2014. Un maggiore controllo sull’Ucraina garantirebbe al Paese l’accesso al Mar Nero. Per uscire da questa crisi, Russia e Ucraina potrebbero trovare un accordo che escluda l’adesione dell’Ucraina alla NATO, ma non sappiamo quanto possa essere realistico. Nel frattempo, la Russia può giocare la carta degli approvvigionamenti di gas naturale all’Europa: nuovi aumenti dei prezzi potrebbero danneggiare seriamente le economie europee, compreso il Regno Unito. Nel momento in cui scrivo la situazione non si prospetta buona, e immagino che il mercato potrebbe continuare sulla stessa strada qualora la situazione si deteriorasse nelle prossime settimane. Dopo il COVID, una guerra in Europa è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno.

La realtà

Carri armati che avanzano, problemi nelle forniture di energia, volatilità dei prezzi nei mercati finanziari. Sono situazioni che appartengono al mondo reale. Un mondo reale in cui si coltiva cibo e lo si distribuisce, dove medici e infermieri curano e salvano vite, dove accadono disastri naturali che minacciano comunità e imprese. Eppure cresce l’ossessione per il mondo virtuale. Abbiamo già il “denaro” virtuale. Il metaverso consentirà la creazione di immobili e imprese virtuali. Le criptovalute e le cripto-attività iniziano a far parte dell’infrastruttura finanziaria e vengono persino prese in considerazione nelle decisioni di asset allocation. Mi sono forse perso qualcosa? Posso capire il valore della digitalizzazione per rendere le transazioni online più efficienti e interessanti (sembra che Walmart stia sviluppando un supermercato virtuale!) e indubbiamente i videogiochi sono una forma diffusa di intrattenimento in tutto il mondo. Ma la vera utilità deriva dal consumo di beni e servizi reali, e la ricchezza in ultima analisi si crea solo attraverso la creazione di valore aggiunto nel mondo reale. I prezzi del Bitcoin e di altre criptovalute questa settimana sono crollati, il Bitcoin ha perso il 58% dal picco (in dollari) di novembre. Non esattamente una riserva di valore, non vi pare? Quello che mi infastidisce di più credo sia l’enorme attenzione e l’enorme potenza informatica dedicata al mondo virtuale. Preferirei che tali energie e risorse venissero messe nello sviluppo più rapido di energia rinnovabile, infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici e nello sviluppo di carburanti alternativi come l’idrogeno. Se non riconosciamo le nostre priorità, il mondo reale finirà pe assomigliare a uno di quei mondi distopici che piacciono agli amanti dei videogiochi.

Gioventù

Molti tifosi oggi forse pensano che il calcio sia come quello rappresentato nei videogiochi Football Manager o FIFA. La realtà è fatta di duro allenamento, emozioni, salute, tattica, capacità e fortuna. Quando tutti questi elementi si combinano è fantastico, altrimenti è frustrante. Per 45 minuti questa settimana il Manchester United ci è riuscito, con una vittoria per 3 a 0 contro il Brentford. Gli autori dei tre goal sono il prodotto della scuola calcio (c’è una scuola calcio in Football Manager?). Grazie al cielo questi giocatori hanno trascorso molto tempo ad allenarsi da ragazzi, anziché passare il tempo in una stanza buia a fare giochi di combattimento al computer.

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